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Portare il cuore oltre l’ostacolo, chiedere al proprio fisico ed alla propria mente il massimo sforzo, raschiare il fondo del barile delle energie. Tutte espressioni e concetti che si prestano a quella che senza dubbio è una delle esperienze più complesse che uno sportivo possa vivere nella propria vita: la maratona. 42 chilometri e 195 metri da percorrere correndo, pensando che ogni passo effettuato, sarà un passo in meno da compiere per raggiungere un traguardo che rimane sempre un po’ troppo lontano. Ripeto, 42 chilometri e quei 195 metri beffardi, quasi a rimarcare che la maratona non è una corsa, un gioco, un divertimento. Per correrla serve la sfrontatezza ed il coraggio che non tutti hanno o trovano durante la loro vita.

In queste righe non parleremo però di una maratona in generale. Il racconto, le testimonianze di queste righe saranno genuine, riportate da chi ha vissuto lo scorso 4 novembre una delle esperienze più profonde e indelebili della propria vita, correndo insieme ad altre 50.000 persone la Maratona di New York. Famosa per il suo accompagnamento di pubblico, quella partecipazione della folla che spinge ogni partecipante a non mollare ed indubbiamente una delle maratone meno adatte per ricercare primati personali o tempi di particolare rilievo viste le insidie rappresentate dai lunghi ponti e dal finale a Central Park. Le condizioni climatiche che non sempre agevolano la prestazione e magari uno scarso riposo che si riesce a determinare, data la meta alquanto suggestiva nella quale si corre, che spinge a visitarne il luogo e badare un po’ meno alla gara della domenica.

New York quindi come Wimbledon per il tennis, San Siro per il calcio, Montecarlo per la Formula Uno. Simbolo sempre più di una lotta contro sé stessi che diventa iconica per il fatto di girare l’angolo di Columbus Circle ed entrare nel parco più famoso al mondo. Che come la foresta incantata di una qualsiasi fiaba, racchiude e quasi cela il traguardo a sommità del quale risiede la grande gioia di un successo.

E da Forlì sono partiti quest’anno tre ragazzi, Francesco Bazzoli, Paolo Milandri e Samuele Valentini. Con basi di allenamento differenti, esperienze disparate, hanno deciso però di intraprendere questa avventura insieme, cercando di darsi il medesimo obiettivo: arrivare in fondo! Senza assilli di cronometri che corrono troppo forte o sbarramenti di tempo dentro i quali rimanere, vivendo una corsa unica, nella città che non dorme mai, nel palcoscenico da film che tutti conoscono, provando a divertirsi e trasformandola in un’emozione continua.

“Non è tanto che corro, saranno tre anni, ma la maratona è un must e quella di New York è la Maratona, con la ‘m’ maiuscola. La sfida con me stesso che mi infonde energie mirando un obiettivo. Concentrazione, forza della mente, mi hanno spinto insieme alla pazzia ed alla volontà di Paolo e Francesco”. Così Samuele mi parla della sua molla che lo ha contagiato, portandolo ad iscriversi. “L’amicizia per Francesco che aveva il desiderio mettersi alle spalle alcune sfortuna fisiche e per non perdermi l’impresa di Samuele, non meno forse anche la chance di visitare New York e gli Stati Uniti”, Paolo spiega così come è nata la sua di maratona. Per Francesco, invece, ”Nasce tutto circa un anno fa, dopo un nuovo intervento al ginocchio, il terzo, che mi aveva allontanato dal pallone. Avevo necessità di individuare un obiettivo, uno stimolo ed è quasi venuta spontanea indicare New York come obiettivo!”.

Ma come si prepara una maratona, per chi di tempo libero ne ha poco, per chi correre è prima di tutto un modo per scaricare le tensioni della settimana e smaltire qualche scoria? “Nel gruppo di amici con il quale abbiamo da anni coltivato la passione per il calcio, è nata anche questa passione per la corsa a piedi. Due allenamenti infrasettimanali ed un lungo nel weekend. Poche attenzioni a tavola, diciamo nessuna frenesia od ossessione”, ci illustra così Francesco la sua ricetta per presentarsi a New York e farcela. Gli fa rima Samuele: “Sulla carta le idee per essere analitici, programmando allenamenti mirati c’era. Ho scaricato delle tabelle da internet, ma figurati se le ho seguite!”.

Entriamo ora nello specifico, andiamo a rivisitare i momenti cruciali, che anticipano e pervadono le persone che disputano una corsa come questa. “Entrare in griglia di per sé è un tonfo al cuore, una grande emozione. Si sente l’eccitazione generale, un’energia che poi si sentirà per tutta la durata della giornata!”, così Paolo ci conduce dentro le viscere della Maratona. “Quando il vocalist ti inizia a caricare, e specialmente nell’attimo in cui mettono l’inno nazionale, senti una fortissima emozione, un mare di gente che vibra nello stesso istante”. Francesco rincara la dose, mettendo in chiara evidenza cosa sia la fase che anticipa il via. Una vera scarica di adrenalina che permette di aumentare la dose di propellente che verrà poi a breve utilizzato per correre in mezzo alla marea umana. “Attraversi il Ponte di Verazzano, e ti si presenta lo skyline più famoso del mondo: sono emozioni in serie. Le ali di folla e questo costante incitamento che ti convince a non ritenere possibile il non raggiungere il traguardo”. Samuele si è goduto la corsa come se fosse un lungo e distinto pellegrinaggio tra persone partecipi nello sforzo e gioviali nel voler incitare i partecipanti. “Essere Italiani ed indossando una maglia col tricolore ha reso riconoscibile la nostra provenienza. Ci ha resi anche più simpatici e caratteristici, i ragazzini che chiedevano un ‘cinque’, ed io che facevo di tutto per correre ai lati della carreggiata, bellissimo!”. Così Paolo riassume il folklore di questo avvenimento.

La Maratona comunque va corsa, percorsa in tutta la sua lunghezza, non può essere solo divertimento. Ci vuole concentrazione, perché più passano i chilometri e più il traguardo diventa distante, per il fatto che la mole di fatica aumenta e la spavalderia viene soppiantata dal dolore alle gambe e dall’esaurirsi delle energie nervose. “I ponti sono infiniti, lunghi ed insidiosi. Poi quello di Queensbourgh che ti riporta a Manhattan per l’ultima volta, sembra non avere fine. Dopo il ventesimo chilometro le energie calano ed inesorabilmente tutto diviene più arduo”. Francesco, che era partito carico a bomba, sente che la fatica sta facendo il suo corso e che non servirà vivere di adrenalina per compiere l’impresa. “Comunque sia, gli ultimi chilometri, quelli che ti permettono di entrare in Central Park, sono l’apoteosi, ma anche i più ostici. Gli ultimi metri sono in salita, una rampa che non sembra avere una fine, ma poi il traguardo lo vedi, ed a quel punto mancano appena 300 metri, che sono poco rispetto a tutto il resto, ma sembrano dilatarsi”. Paolo, che di maratona ne aveva già corsa un’altra, riscontra in questa una vera e propria sfida a parte, assai più impervia e complessa. “Ad un chilometro dalla fine mi sono fermato a salutare la mia compagna, Alice, e dopo un abbraccio, un bacio, ho ritrovato una nuova linfa, così ho dato l’ultimo colpo di coda, concludere con Paolo al fianco, per quanto fosse nei programmi, mi ha gratificato ancor di più, un finale coi fiocchi!”, chiosa Francesco nel riassumere quei frangenti conclusivi.

Finiscono tutti e tre la loro corsa attraverso la città del mondo. New York è una città che non ha una definizione ideale, è affascinante e sorprendente, pulsa di un’energia enorme, tanto che sale al cielo tanto sia inarginabile la sua forza. Correrci attraverso, con migliaia di persone a darti conforto, deve regalare emozioni, vibrazioni che non si possono comprendere a meno di non andarci. “Vedendo lo striscione del traguardo, vedo tre anni di sacrifici e penso che per quanto duro, è un piacere essere qui. Ringrazio Paolo per il sostegno e Francesco per avermi coinvolto e fondamentalmente portato”, Samuele suggella con poche ma distinte parole il racconto di un avvenimento straordinario.

Sono tre Eroi, per un giorno, dentro di loro resteranno tanti frammenti, forse ricorderanno ogni singolo passo, per quanti siano, numericamente incalcolabili. Forlì e tre concittadini ad esportare il nostro essere genuini e spavaldi anche oltre l’oceano a colorare quelle che si può definire, senza alcun dubbio, LA Maratona!