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Non se n’è andato. Perché Enrico non può andarsene, non lo puoi dimenticare, puoi solo sederti ad aspettarlo. Dieci anni sono tanti? No, perché il ricordo è limpido, forte, specchio di un eterno fanciullo che nessuno è riuscito a togliersi dalla mente. Enrico Zavalloni chiuse la porta il 10 ottobre del 2006, nella sua piccola casa di via Nanni, con mamma e papà vicini, e gli amici. Aveva 47 anni, appena. E una vita tutta da raccontare. Si fa prima dire che cosa non era piuttosto che cos’era, perché Enrico faceva tutto. Era un giornalista del Carlino di Forlì, certo, ma anche e soprattutto un tifoso del Cesena, un videomaker, un tifoso del volley femminile, deejay, editore, un appassionato di cinema, un entertainer televisivo, un fan del basket forlivese, un calciatore della domenica.

su Romagnasport si rintraccia ancora la sua “carriera”

Insomma, uno showman, anzi, un mattatore. Mai banale. Enrico era originale, assolutamente, ma non era nemmeno un carattere facile. Oh no. Quanti scontri in redazione, quanti telefoni scaraventati per terra, quanti pugni mollati al computer che non si azzardava a rispondere ai comandi. Una volta il computer si spense improvvisamente e lui sbottò: “E’ il segnale che devo andare via”, e andò via per davvero. O si faceva come diceva lui oppure si iniziavano lunghe discussioni, ma poi tutto finiva lì. Era un leader nato. Organizzava lui le strampalate partite di calcetto in palestre umide fra i colleghi panciuti, pivelli e stempiati della redazione del Carlino e improvvisate squadre di secondini, carabinieri e improbabili vecchie glorie. Tutti con una maglia diversa, portieri con mille ginocchiere, un ‘accozzaglia di pseudo-calciatori che rischiavano di farsi male a ogni tocco o di schiantarsi contro un palo. ‘Non puoi mancare, mi raccomando’, ordinava a tutti. Poi alla parete della redazione del Carlino appendeva le convocazioni, lui che come nome d’arte aveva scelto Zico. E se c’era un rigore, non c’erano discussioni: la palla la prendeva lui e lo tirava lui, guai ad avvicinarsi. Il calcio era forse la sua passione più grande. Anzi, non il calcio: il Cesena. Basta un episodio per far capire quanto grande fosse il suo amore per il Cesena. Era il 1994, il campionato stava finendo e per il periodo successivo all’ultima partita Enrico aveva prenotato una vacanza di tre giorni con la fidanzata all’isola del Giglio, una rarità, lui non andava mai in ferie. Poi accadde l’imprevisto: il Cesena , che era in serie B, strappò lo spareggio con il Padova per andare in serie A. Ma lo spareggio era nei giorni della vacanza all’isola del Giglio. Ma Enrico non ebbe dubbi, annullò quel viaggio, e alla fidanzata per telefono disse frasi che si commentano da sole: “Dimmi tu, secondo te cosa dovrei fare: andare con te all’isola del Giglio o andare a vedere lo spareggio del Cesena?”. Come a dire, di che stiamo parlando? Ovvio che vado a vedere i bianconeri.E così fu. E quando dieci anni fa Enrico ci salutò, la curva appese uno striscione allo stadio ‘Manuzzi’ e la società del Cesena mandò quattro ragazzi delle giovanili per il picchetto in chiesa, un onore che meritava, lui sicuramente avrà apprezzato.

Nessuno si è più seduto al suo posto in redazione: quella postazione venne smantellata, un po’ come ritirare la maglia numero dieci a un campione che si ritira. Eppure sembra sempre di vederlo entrare da un momento all’altro: la porta spalancata con furia e lui che irrompe, perché era sempre in ritardo, in barbour, maglione, jeans e i suoi scarponi: la spesa in mano e la videocamera nell’altra, che posava in una scrivania in preda al caos. Poi magari il giornale era già in avanzata fase di elaborazione e lui diceva: ‘No no, io ho bisogno di spazio per questo e per quest’altro’. Si discuteva, ovvio, ma alla fine l’aveva sempre vinta lui, era affascinante, con quel sorriso sornione. E camminava lungo un sentiero tutto suo, lì non erano ammesse banalità, grigiore e retorica. Lui voleva essere diverso, brillante, e lo è stato. Avrà tenuto centinaia di serate al Librincontro di Castrocaro (quella sera con Andreotti…), i suoi genitori sempre in prima fila, davanti a platee gremite che Enrico regolarmente coinvolgeva grazie alla sua grande capacità di improvvisare. Un comunicatore insaziabile: scoprì Internet e sembrava un bambino davanti a una montagna di giocattoli. Oggi con Facebook impazzirebbe e avrebbe 5000mila amici. Amici che lo adoravano comunque anche quando il web era un gingillo di secondo piano, anche perché quando si arrabbiava, a volte sapeva farlo anche con ironia: suonava il telefono, rispondeva e diceva: “Ah sei tu? Ora non ho tempo, ma è colpa mia, non dovevo rispondere al telefono…”. E giù una risata. Scriveva di tutto. Il Cesena, certo, specie la squadra Primavera che seguiva ogni sabato, assolutamente, poi sul Carlino teneva una rubrica, ‘Ex voto’, al lunedì, sempre di calcio, e se non gli tenevi spazio sul giornale erano guai. Poi aveva un giornaletto tutto suo, ‘Papermoon’, infine il cinema la sua grande passione, gli unici giorni di vacanza che si prendeva erano a settembre per il festival di Venezia. Tornava con gli occhi luccicanti: “Ho visto questo e quest’altro, che film…”, diceva allargando le braccia.


la sua rivista, Papermoon, il giorno di Forlì-Milan

Inventò lui i ‘Viaggi del Carlino nei paesi’: prendeva su col fotografo e andava a Tredozio, Bertinoro, Modigliana, Dovadola, Portico, una volta arrivò anche a Marradi che a dir la verità non era nemmeno un territorio coperto dal Carlino Forlì, ma che importava? Andava, sentiva la gente, incantava tutti con la sua parlantina, ascoltava i loro problemi e li riportava sul giornale. Poi il giorno dopo l’articolo telefonava al sindaco del paese: “Visto l’articolo del Carlino? Cos’ha da rispondere ai suoi cittadini?”. Un successo il tour dei paesi.

Poi lo vedevi fra palasport e uffici con quella sua videocamera nella mano destra: “Aspetta aspetta, mi basta solo un minuto”. E quel minuto lo otteneva sempre. Già, il tempo, dieci anni, dieci anni dopo. Non è facile, come è stato nemmeno facile scrivere queste righe. Non c’è tristezza, non ci dev’essere tristezza, i ricordi sono l’antidoto alla malinconia. E poi no, non se n’è andato. E’ solo uscito un attimo. Adesso torna. E noi lo aspettiamo.

Lunedì c’è una serie di appuntamenti, la base è nella saletta del Chiostro di San Mercuriale, per ricordarlo insieme:

– una partita di calcio A 5 (Club Forza Forlì – Sadurano) alle 16 al campo Edelweiss di viale Spazzoli,

– una messa di ricordo nella chiesa di Regina Pacis alle 18,30,

– una mostra fotografica a lui dedicata, inaugurazione alle ore 19,30,

– un intermezzo enogastronomico alle 20 e alle 20.30,

– la proiezione di un film a lui caro, “Paper Moon”,

… e una serie di interventi e brevi testimonianze di chi vorrà farlo.

Promuovono l’evento: La famiglia di Enrico Zavalloni, Associazione Stampa Forlivese, Redazione Il Resto del Carlino di Forlì, l’Associazione Pari Diritti, l’ associazione Club Forza Forlì – Sadurano, Essere Elite e Cultura etica.