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Se chiediamo ai dirigenti responsabili di settori giovanili organizzati di società di basket in Italia quale sia lo scopo che si prefiggono, ci sentiremo rispondere nella stragrande maggioranza dei casi: “Formare Giocatori”. Giocatori che poi, a seconda del loro talento atletico, agonistico e attitudinale, possano essere pronti a giocare a vario livello nei campionati senior professionistici e non.

Tralasciando il fatto che, secondo me, l’Educare, il Crescere e il Formare PERSONE attraverso i principi di uno sport di squadra, facendo innamorare i ragazzi del gioco della pallacanestro sia il vero scopo primario e irrinunciabile di un settore giovanile da cui partire per poter poi cercare di formare anche giocatori di basket , vado ad analizzare ciò che si vede sui vari campi di gioco e a livello giovanile e a livello senior.

Attualmente nel panorama cestistico nazionale possiamo sicuramente contare su giocatori:

  • Atleticamente molto preparati con qualità di salto e corsa importanti nelle situazioni in cui non c’è contatto fisico ma che spesso hanno la “fobia della stoppata” e non sanno usare il corpo;
  • Abbastanza bravi a giocare 1c1 dal palleggio e spesso con ottime capacità di ball handling individuale, ma non preparati a “finire” segnando contro una difesa veramente fisica o a usare con continuità un semplice arresto e tiro in sospensione;
  • Capaci di fare assist no look abusandone anche quando non ce n’è bisogno, ma spesso incapaci di usare efficacemente le finte di tiro o di passaggio;
  • Relativamente bravi a giocare le situazioni di Pick & Roll, ma non altrettanto preparati sulle altre situazioni di blocco e collaborazione (timing, angoli di blocco, uscite, letture, linee di scarico, etc…);
  • Capaci di tirare fronte a canestro, ma non altrettanto capaci di servire, attaccare e difendere la situazione di post up e tanto meno abituati a collaborare con un proprio compagno che gioca spalle a canestro.

L’elenco si potrebbe allungare ancora molto (incapacità di saper scegliere con continuità la soluzione più facile e vantaggiosa, l’abuso di passaggi skip che spesso diventano intercetti e facili contropiede per gli avversari, il non saper usare il piede perno sotto pressione, il non saper trarre profitto da un raddoppio difensivo, etc…) ma credo sia più costruttivo il cercare di capire il perché di quanto sopra e porsi delle domande sul giusto percorso formativo da proporre.

So che queste mie considerazioni andranno controcorrente con l’opinione dei più, ma spero possano essere per questo uno spunto di riflessione per uno scambio di idee.

Personalmente sono per proporre anche ai gruppi senior dai 30 ai 45 minuti di fondamentali individuali almeno 3 volte alla settimana ma credo sia altrettanto opportuno anche lavorare sui fondamentali e l’organizzazione di squadra, in modo crescente fin dalle prime annate giovanili.

Mi spiego meglio: certo sarebbe criminale proporre un 5c5 super organizzato ad un ragazzino che non sa ancora ben palleggiare, passare o tirare; ma credo che non possiamo attendere che il nostro giocatore palleggi, passi e tiri perfettamente prima di cominciare ad allenare concetti di collaborazione offensiva e difensiva di squadra. Credo altresì che sia molto più efficace e formativo dosare e miscelare da subito fondamentali individuali e di squadra perché la pallacanestro si gioca 5c5 (attacco e difesa) e perché nei ragazzi passi da subito il messaggio che il singolo miglioramento individuale sarà tanto più importante e redditizio se funzionale e inserito in una organizzazione di squadra.

Tutto questo anche per graduare le difficoltà nella nostra proposta, perché credo che sia più facile insegnare, correggere, monitorare in un sistema organizzato le giuste distanze fra i giocatori, il saper attaccare gli spazi, le collaborazioni (timing, smarcamenti, angoli di passaggio e di blocco, uscite, letture, linee di scarico etc…) piuttosto che in un sistema libero (spesso completamente anarchico).

Per questo credo sia più logico partire dal proporre ciò che per me è più semplice e correggibile piuttosto che fare il contrario: chiediamoci perché negli Stati Uniti (che credo come fondamentali individuali dei loro singoli giocatori senior siano messi molto meglio di noi) si parte subito coi giochi e le difese organizzate per arrivare ai massimi livelli dove si gioca essenzialmente su principi e letture. Penso fortemente sia che molto più difficile giocare libero che organizzato e che servano giocatori più forti e cestisticamente più evoluti.

Non a caso a parer mio l’unica squadra che ha giocato davvero del puro Passing Game è il Dream Team USA di Barcellona 92, sì quello di Magic, Bird, Jordan, Barkley, Drexler, Ewing, Karl Malone, Stockton, Robinson, Mullin, Pippen e Laettner… Campioni in grado di fare con semplicità le cose più difficili.

Qui da noi pretendiamo di far giocare passing game, o addirittura gioco libero, dal minibasket almeno fino ai 15 anni e anzi chi non lo fa viene additato e emarginato dalle intellighenzie dei ciechi osservanti dell’ortodossia dei dettami del Settore Squadre Nazionali.

Guardiamoci intorno (paesi ex Jugoslavia e Spagna) dove credo il livello medio sia ben superiore al nostro: a livello giovanile si lavora molto di più e molto più precocemente che da noi e infatti non è così difficile trovare diciassettenni e diciottenni già pronti per giocare ai massimi livelli.

Sento spesso allenatori di giovanili che si lamentano più o meno così: “Sai, abbiamo perso perché gli altri nel secondo tempo hanno fatto zona”. A questi mi verrebbe spontaneo rispondere: “Pensa che fortuna avete avuto, finalmente i tuoi giocatori hanno dovuto attaccare qualcosa di diverso dal solito e forse capiranno che non si sono possono accontentare di attaccare solo 1c1 a testa bassa dal palleggio e semmai tirare da fuori solo piazzato su uno scarico”.

Attaccare una difesa a zona vuol dire lettura, spaziatura, saper giocare nei buchi della difesa, attaccare coi tagli dal lato debole, usare le finte, andare in automatico nelle linee di scarico, passare dentro-fuori, saper usare gli extra pass, le scelte, etc… Dobbiamo essere noi a proporla nei nostri allenamenti per sviluppare queste capacità.

Così come credo che i nostri ragazzi delle giovanili debbano aver a che fare coi blocchi ed abituarsi a giocare coi lunghi abbastanza precocemente e non solo quando arrivano a essere U18 (raramente già dagli U16).

Succede troppo spesso che ragazzi anche di talento a 16-18 anni fanno parte della rosa della prima squadra e ne avrebbero le potenzialità per poterci giocare, ma,improvvisamente, tutto di un tratto gli si chiede di saper giocare diverse zone (attacco e difesa), saper portare e sfruttare blocchi, giocare post up (attacco e difesa), saper servire il pivot oltre a imparare una decina di schemi e magari anche gli adeguamenti contro gli attacchi delle squadre avversarie.

Ebbene se questi ragazzi non sono pronti, non sanno fare tutto ciò (anzi spesso non ne hanno neppure idea) e ahimè non c’è abbastanza tempo per impararlo, finisce che il coach quando deve provare il 5c5 li mette in panca perfino in allenamento… Dopo un paio di anni questi ragazzi perdono fiducia, qualcuno smette e molti di loro non raggiungono il livello che sarebbe stato nelle loro potenzialità.

Un’altra problematica connessa col non aver sviluppato nelle categorie giovanili giocatori completi che non conoscono compiutamente troppi aspetti della pallacanestro è che poi si finisce per giocare Pick & Roll quasi ogni azione. Ma questo è un aspetto che riprenderemo prossimamente.