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Come quando a Scuola ti davano il tema “libero”, anche ora mi trovo a lottare tra mille argomenti trattabili all’interno del multi cosmo rappresentato dalla Bicicletta da Corsa. Difficile prendere o dare una piega definita se l’argomento è talmente ampio. Per fortuna la margherita è stata spulciata da qualcun altro e mi ritrovo con tema ben definito: l’avvento del freno a disco sulla strada.

Radunando le idee vorrei formulare un ragionamento, che sia lineare e ben descritto. Parlare di un componente, di un accessorio, di un particolare, in maniera estemporanea è assai riduttivo. Ragionandoci mi è venuto in soccorso uno schema logico che mi aiuterà a raccontarvi cosa rappresenta questa originalità.

La Bici da strada è una disciplina che ricerca principalmente aspetti legati alla “performance”, alla sicurezza ed al confort, che permetta un utilizzo prolungato evitando di accusare oltre misura lo sforzo, in pratica impedendo che una bici appesantisca col suo essere scomoda, la fatica. Lo Sport è competizione, lotta verso il successo, “supremazia” sull’avversario. Ma non solo: per le Aziende costruttrici è rincorsa all’innovazione. Significa continua evoluzione per far sì che una disciplina sia sempre al passo coi tempi e sappia garantire quell’avanguardia che sostiene il progresso in fatto di miglioramenti atletici, scaturiti da nuove idee di allenamento o tecniche conseguenti all’alimentazione ed al viver sano. Quindi se per la competizione il progresso è all’ordine del giorno, anche per un turismo più confortevole, lo studio continuo su materiali e componenti non è da meno. Anzi, il ciclismo su strada praticato dai Professionisti è un viatico per attirare il consumatore ad inseguire nuove tendenze, farsi attrarre da elementi innovativi. Il mercato è costantemente alla ricerca di qualcosa che sappia alimentare una nuova filiera di “domanda di acquisto”, è la legge economica che lo dice: offerta sempre fresca, ben ideata, porta ad una domanda crescente, alimentata dalla moda, dal trend.

Quello che ho notato nelle ultime annate, è una sorta di interscambio tra i satelliti che ruotano attorno al mondo delle due ruote; intendo dire che la contaminazione che subisce il mondo della strada da parte del contesto Mountain Bike e viceversa, infonde idee e trasferisce concetti. Una sorta di interscambio che fa si che le biciclette a volte diventino quasi degli “ibridi”, con forme di utilizzo più disparato, ma sempre più polivalenti.

Il “freno a disco” è in un qualche modo arrivato sulla strada in questa maniera, subendo il contagio del fuori strada, ispirando una nuova tendenza che richiederà qualche tempo per modernizzarla, adeguarla, renderla performante. Quello che si diceva prima: prestazioni e sicurezza e confort. Sono tre anelli che devono essere legati tra loro, che il livello dell’utente sia il più elevato o che esso sia un principiante alle prime pedalate.

Da ciclista, che predilige ampiamente l’asfalto, ho faticato a prestarmi all’esperimento, ritenevo futile il concetto, inadatto per un certo utilizzo, più che altro quasi esasperato, esagerato. Ho però fatto delle prove, uscite nelle quali ho messo alla prova il concetto e le peculiarità esistono e sono altresì innegabili. I vantaggi possono ancor oggi essere dibattuti, specie se relazionati con il mondo della corsa (eventualmente per chi mette il numero alla Domenica in una delle numerose GranFondo), legati primariamente alla complessità nella sostituzione di una camera d’aria e quindi allo smontaggio della ruota. Non c’è dubbio che tale sistema abbia qualche carenza a livello di peso, la bicicletta montando il sistema a disco – ovviamente idraulico – non garantisce leggerezza assoluta.

Insomma vi sono aspetti deleteri che vanno a minare le convinzioni del ciclista medio, però in contraltare i benefici non possono passare inosservati. Le frenate sono più fluide, garantiscono una costante nel comportamento della bicicletta; in caso di pioggia, strada bagnata queste assicurano il totale potenziale dell’impianto frenante. In pratica quello per cui vengono montati i dischi, è trovarsi più sicuri con il manubrio tra le mani, una discesa da affrontare senza patemi. Il disco in questo agevola di gran lunga rispetto al tappo su una qualsiasi pista frenante, che sia di alluminio o peggio ancora in carbonio.

E’ palese, indiscutibile. Non si parla di parere personale, ma di onestà intellettuale. A questo punto difficile è prendere una parte. Quello che deve essere chiaro è cosa un utilizzatore cerca dalla propria bicicletta, quanto sia attratto dalla novità e cosa in concreto gli piace avere tra le mani. E’ arduo dare un consiglio, dire cosa sia meglio, ribadisco solo che il “disco” funziona, lavora bene, garantisce sicurezza e non diminuisce le performance. Racchiude innovazione e una sorta di rivoluzione. Quello che lo rallenta nella sua conquista del “mondo” è la forte componente integralista che alberga dentro ogni ciclista, che sia il Professionista o molto più spensieratamente, il ciambellaro della domenica.