Non sono mai stato bravo ad accettare le sconfitte. Dev’essere un transfert di mio padre: quando avevo più o meno 10 anni, insoddisfatto del suo lavoro da bancario, si chiuse nella mia camera per sei mesi a studiare. Giorno e notte. Lo ricordo bene perché mi era vietato perfino suonare il campanello di casa: per rientrare dovevo aspettare che qualcuno uscisse dalle scale del condominio (e non era un grosso problema restare per strada a giocare a pallone fino a sera). Vinse un concorso e fece carriera all’Inps. Se una cosa non ti piace, cambiala. Se hai un’idea, provala. Giocala direbbe Vasco.
Due estati fa fu Alberto Calderoni a convincermi che uno spazio di approfondimento sullo sport forlivese mancava. Kalle negli anni post carriera è diventato un amico vero, uno dei più importanti della mia vita. L’abbiamo fatto insieme, Piazzale della Vittoria, anche se non è mai voluto apparire per via di un pudore che ancora fatico a comprendere fino in fondo. Ma non sono mai stato bandiera di nulla, a differenza sua, quindi accetto. Piazzale della Vittoria aveva un futuro probabilmente vincente: avevamo avviato contatti con società di match analysis, cominciato a tradurre i pezzi in inglese (chi altro lo fa?) avremmo voluto fare di Pdv un gioiellino in mezzo a tanta spazzatura circolante in rete. Non ci siamo, non ci sono riuscito fino in fondo. L’avventura è durata troppo poco: meno di un anno nel quale i numeri erano ogni giorno più eccezionali. A luglio mentre ero in vacanza ho ricevuto la telefonata della Pallacanestro Forlì 2.015: “Vuoi prendere in mano la Comunicazione?”. D’impeto ho risposto di no: per ovvie ragioni di deontologia professionale dovrei chiudere Pdv. Poi ho incontrato Nicosanti e Pasquali, Balestri e lo staff. Come potevo rifiutare un’opportunità professionale così simolante? Dopo 17 anni di Carlino e altrettanti al seguito del Forlì calcio, l’idea di mettermi completamente in gioco dentro ad una realtà più o meno sconosciuta era esattamente una di quelle cose che non ho mai saputo rifiutare. Kalle non solo ha capito: mi ha dato l’ultima spintarella. Ne ho parlato con Gira, altra colonna dell’anno in cui Pdv è stato operativo: anche lui mi ha dato l’ok. Ho accettato. E allo stesso tempo una parte di me, quella più creativa che per tanti mesi aveva lavorato sodo cercando sponsor e collaboratori, idee e un futuro, è finita nel sottoscala.
Nei due mesi seguenti, incapace di accettare la sconfitta, ho cercato qualcuno a cui lasciare la creatura. Non ho trovato la persona giusta e adesso tocca ammetterlo: Pdv va in soffitta. Per quanto tempo non so. Un anno, due, magari dieci. Magari per sempre. Vediamo quello che succede. L’avventura alla Pallacanestro Forlì è stata fin qui eccezionale ma probabilmente non sarebbe mai nata se non fosse stato per Piazzale della Vittoria. Per questo sarò sempre grato ad Alberto per il supporto economico, tecnico ed emotivo. E sarò sempre grato a chi ha collaborato con Pdv in questi dodici mesi. Li trovate tutti alla voce “Autori”: 23 nomi con background e competenze del tutto diversi tra loro ma animati dalla stessa sete di cultura applicata allo sport. Pdv resta online. E un giorno, chissà.
Forza Forlì.