Il futuro del Forlì calcio vive in queste ore uno snodo cruciale: la seconda retrocessione nelle ultime tre stagioni ha portato al pettine tutti i nodi di una società poco strutturata e gestita, soprattutto negli ultimi mesi, senza quella collegialità tra i soci che era stata insieme il motore e il blocco del triennio Conficconi. Dopo aver scardinato il suo predecessore, Stefano Fabbri si è issato al comando del sodalizio mostrando fin dalle prime mosse – cacciò Ds e allenatore la stessa mattina – un decisionismo del tutto estraneo alla tradizione del Forlì rinato nel 2008 dalle ceneri olivetane. Nell’ultimo anno, complice l’ingresso nel consiglio dei soci del suocero Gianfranco Cappelli, l’abbandono del principio di maggioranza e la personalizzazione del ruolo di presidente hanno preso un accento sempre più marcato, forzando così il Forlì ad un bivio esistenziale: la salvezza a budget ultra ridotto avrebbe rafforzato il nuovo corso, la retrocessione condannato un modus operandi poco gradito – per ovvie ragioni – agli altri soci. Ora che il ritorno in serie D sembra inevitabile (anche se esaurite tutte le aventi diritto al ripescaggio il Forlì, che ha usufruito del bonus l’anno scorso, potrebbe clamorosamente tornare in corsa: successe all’Albinoleffe pochi mesi fa) le frizioni interne alla società sono diventate un problema serio. Molto serio: mercoledì sera tre consiglieri su sette hanno manifestato l’intenzione di lasciare il consiglio di amministrazione. Toccherà nelle prossime settimane a Fabbri e Cappelli trovare nuova linfa – tradotto: imprenditori del territorio disponibili e sostenere economicamente il Forlì – per permettere alla società di viale Roma di ritentare, l’anno prossimo, il salto in Lega Pro. Ma è soprattutto intorno alla figura del suocero del presidente, patron di Tubozeta, che si gioca gran parte del futuro biancorosso.
Stefano Fabbri, Gianfranco Cappelli, Claudio Casadei
Chi è Gianfranco Cappelli? 65 anni da compiere il prossimo 7 luglio, è presidente del consiglio di amministrazione e rappresentante della società che controlla la Tubozeta srl, azienda nata nel 1978 e che nel 2015 ha fatturato circa 10 milioni di euro, con un utile di qualche centinaia di migliaia di euro. Un’azienda in salute, che lavora articoli in metallo, ha varie sedi secondarie per la commercializzazione dei prodotti da nord a sud Italia, isole comprese, e conta 46 dipendenti. Se la domanda è: Cappelli può correre da solo? La riposta è sì, potrebbe, ma probabilmente non è questa l’idea. Perché una società di calcio com’è il Forlì adesso è, dal punto di vista strettamente economico, un affare in perdita sicura. E Cappelli è un imprenditore di successo, oltre che navigato.
Possibile comunque che mister Tubozeta prenda in mano nelle prossime settimane/mesi il timone, portando il Forlì oltre le secche attuali. Verso quale destinazione? La sua convinzione è che ci siano i margini (strutture, bacino, imprenditori) per arrivare nel giro di qualche anno addirittura fino alla serie B. Quello che manca ancora però è un chiaro progetto di crescita. Perché finora nella sua avventura in biancorosso Cappelli ha inanellato soprattutto mosse teatrali: l’attacco pubblico al diesse Cangini, l’imposizione di Succi, la volontà – manifestata anche al diretto interessato – di esonerare anzitempo Massimo Gadda. Il futuro del Forlì si gioca probabilmente sulla sua volontà di tentare, davvero, la scalata in un mondo del calcio che conosce ancora poco ma non sembra spaventarlo.