Un vecchio proverbio dice: “i piloni quando muoiono vanno in paradiso perché l’inferno l’hanno già vissuto sulla terra”. Loro sono quelli che spostano il pianoforte mentre gli altri lo suonano, ed il compianto Fatialofa, capitano della nazionale samoana ai mondiali del ’91 quando il rugby non era ancora uno sport professionistico, di professione era piano-mover. I piloni li riconosci subito: bambinoni poco sopra il metro ed ottanta e, spesso, molto sopra i centodieci chili. Castrogiovanni è l’icona del pilone: aspetto truce e sorriso contagioso, mentre Rowntree porta nelle sue orecchie i segni di 18 anni di battaglie in mischia ad altissimo livello. Generosi come non mai sia in campo che nella vita, i piloni spesso sono anche le anime goliardiche della squadra oltre che i migliori mangiatori (e bevitori) di un XV. I piloni non sono tutti uguali: c’è un pilone sinistro che deve essere estremamente tecnico in quanto gioca con una spalla fuori dalla mischia, ed uno destro che deve essere molto forte per ancorare la piattaforma d’attacco.
Icons: Graham Rowntree e Martin Castrogiovanni
E poi c’è lei: Beatrice Soglia detta “il Panda“. Delle caratteristiche sopracitate dei props ha solo l’enorme generosità e la voglia di divertirsi, oltre che la forza. Perché a vederla, carina e dolcissima, di lei puoi pensare di tutto ma non di certo che la domenica ci mette la faccia in prima linea. Ed invece è così.
Presenze in Coppa del mondo: 0. Presenze al Sei Nazioni: 0. Presenze in Nazionale: 0
Ed allora perché scrivo di lei? Il Pandino ieri ha ricevuto la peggiore notizia che un giocatore possa ricevere: “hai un problema, niente di grave, ma non puoi più giocare a rugby”. Uscita per un colpo in testa dopo 48 minuti del match casalingo col Torino, dopo tre mesi di accertamenti i medici hanno preso questa decisione a titolo cautelativo. Sportivamente il Panda è un pilone anomalo in quanto dotato di due ottime mani, ma anche di un piede educato che lo scorso anno ci ha consentito di vincere diverse partite coi suoi calci in mezzo ai pali. Supportata da un atletismo ed una coordinazione invidiabile, palla in mano ha sempre preferito evitare l’avversario cercando la finta invece che spiaggiarlo cercando la prova di forza, il che denota anche una certa intelligenza sportiva che non tutti/e hanno. In difesa è un placcatore eccezionale. E’ il classico giocatore che non noti in campo, non è appariscente in quello che fa e non ha la leadership per essere sempre sulla bocca di tutti. Ma è quel giocatore che ti accorgi che ti manca quando non c’è. Non a caso in questi tre mesi di sua assenza la domanda che mi è stata posta frequentemente da quasi tutti è stata: “quando torna il Panda“?
Il Panda ha iniziato a giocare con noi sei anni fa e da allora subito capimmo che sarebbe stato un elemento fondamentale per la nostra squadra, dentro e fuori dal campo. Sempre disponibile ad ascoltare tutti nel momento del bisogno fuori dal campo, capace di ricoprire più ruoli dentro il campo: pilone, numero 8 ed anche apertura. Col passare del tempo e grazie alla sua voglia di lavorare si è ritagliata un ruolo da titolare inamovibile e, grazie alla sua tecnica, è riuscita a dare a tutte quella sicurezza della quale la mischia aveva bisogno. Nella due giorni delle finali nazionali di Coppa Italia giocate lo scorso giugno a Calvisano il Pandino si ruppe una mano nella seconda partita del sabato, segnando la meta che ci fece vincere l’incontro. Stringendo i denti e giocando praticamente con una mano sola non solo portò a termine il match, ma giocò anche tutti gli altri incontri sia il sabato che la domenica.
Quest’anno, col passaggio in Serie A, dopo la prima partita passata per metà in panchina, ha preso la maglia numero 3 e nessuno gliel’ha più tolta, partendo titolare (e per tutti gli 80 minuti) in tutti i match successivi. Dopo un primo periodo di ambientamento, dove comunque ha sempre dato il suo contributo, le prestazioni del Panda sono andate in crescendo sia in mischia ordinata che in giro per il campo, sempre con umiltà e cercando di imparare da chi aveva davanti oltre che lavorando duramente durante gli allenamenti in campo ed in palestra, risultando alla fine insostituibile. Il tutto con una pazienza quasi francescana, lasciandosi scivolare addosso le polemiche o le critiche di chi preferisce scaricare la propria responsabilità sugli altri invece che lavorare per migliorare i propri limiti.
E’ presto per sapere come si evolverà il futuro del Pandino nel mondo del rugby. Sicuramente, come ha sempre fatto, non mollerà e proverà in tutti i modi a ritornare in campo cercando una soluzione per risolvere il problema che la sta tenendo fuori dal rettangolo verde. Nel frattempo perfezionerà la sua abilità come estetista e parrucchiera (e ricordati che mi devi tagliare i capelli… o quello che rimane) e coltiverà la sua passione per la fotografia. Magari immortalando le sue compagne in campo, come è sempre accaduto, nei periodi di infortunio.