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Forlì ha perso la serie con Scafati e lo ha fatto nel modo più doloroso possibile, scappando avanti 2-1 per poi uscire esausta e sconfitta alla quinta partita, nonostante una buona serie di playout, giocata ad un livello vicino a quello dei gialloblu. Vicino ma non abbastanza: man mano che le gare passavano la sensazione era quella di un gradino che si faceva via via più alto, non per nulla la superiorità mostrata degli uomini di Perdichizzi negli ultimi due incontri è parsa inattaccabile. Una superiorità che va al di là del 3-2 finale o dei parziali nelle singole partite sempre entro i 10 punti di scarto: dopo lo spavento iniziale Scafati è cresciuta e ha dato il meglio di sé nelle ultime due gare, ben orchestrata dal suo allenatore, bravo ad individuare le crepe sulle quali insistere, e forte di una rosa molto più ricca di quella forlivese in termini di talento e fisicità.

I tentativi di maquillage di Giorgio Valli volti ad arginare la notevole differenza qualitativa e quantitativa sono naufragati mestamente sugli scogli di una condizione fisica precaria, messa a nudo dal ritmo serrato della post season. La carenza di soluzioni offensive, le difficoltà nel trovare alternative ai titolari e nel proporre diversivi tattici efficaci hanno fatto il resto. Riesce difficile pensare a come il tecnico modenese avrebbe potuto invertire il destino della serie, meno che mai contro l’onnipotente Naimy di gara 5.

Resta però qualche ombra sull’occasione persa in gara 4. Fino alla quarta partita la PF aveva fatto il suo: dopo aver sorpreso Scafati ed invertito il fattore campo Forlì aveva vinto anche la delicatissima e combattutissima gara 3, apparecchiando la tavola nel migliore dei modi. Paradossalmente proprio in gara 4 la PF ha giocato la sua peggior partita: confusionaria ed approssimativa già in avvio, spiazzata dalla marcatura faccia a faccia su Melvin Johnson, affossata dall’apporto quasi nullo della panchina. La stanchezza ha avuto un peso non trascurabile, tuttavia restano il grande rammarico per l’occasione persa e l’impressione che davanti ai 4000 del Palafiera la PF potesse produrre una partita diversa. Così non è stato, e come sempre succede in questi casi l’allenatore non può considerarsi esente da responsabilità: la conduzione di Giorgio Valli è parsa subire quella di Perdichizzi, specialmente per quanto riguarda la marcatura su Johnson, estromesso quasi totalmente dal gioco senza risposte apprezzabili dal punto di vista tattico.

A scanso di equivoci va detto che questa serie ha confermato quanto sia corta la coperta di Valli e quanto fosse invece ampio il ventaglio di soluzioni a disposizione del coach avversario, un dato confermato anche dai diversi interpreti in gialloblu saliti in cattedra durante la serie: da Nicholas Crow, arma tattica che ha cambiato il vento della serie, alla forza muscolare del duo Fantoni – Ammannato, passando per i 16 punti di Marco Santiangeli in gara 5 (4,75 di media nelle prime quattro gare).

A raccordare il tutto due califfi per la serie A2 come Jackson e Naimy. Jackson oltre a confermare la propria fama di grande tiratore ha dimostrato maturità ed umiltà difendendo come un uomo in missione. Naimy ha giocato con intelligenza ed efficacia impressionanti, in un climax che lo ha visto prendere in mano le redini della serie proprio nel momento topico. Con la propria classe e padronanza tecnica il play israeliano ha letteralmente vivisezionato le difese proposte da Valli in gara 5 e spiegato una volta di più l’importanza a questi livelli di un playmaker capace di gestire il pallone, leggere le scelte difensive e punirle con continuità. Ne sa qualcosa la Germani Brescia che su Juan Fernandez, giocatore che ha diversi tratti in comune con l’israeliano, ha costruito la promozione dello scorso anno. Non è un caso che proprio con Juan Fernandez, ai primi posti nell’indice di gradimento di Giorgio Valli, la PF abbia fatto un tentativo durante il mercato di riparazione. Una pista che potrebbe riaprirsi in estate, Chieti permettendo.