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In occasione del John Fox day organizzato dalla Pallacanestro Forlì 2.015 che ha visto l’ala di Filadelfia esser premiata al centro del campo prima della palla a due in occasione del match valevole per la 19^ giornata di Serie A2 contro la Tezenis Verona, noi di Piazzale della Vittoria abbiamo avuto il piacere di ritrovare uno degli americani più amati dai supporters forlivesi e scambiare con lui una piacevole chiacchierata. L’incontro è avvenuto presso il ristorante “La Monda da Alfio“, uno dei ristoranti più conosciuti per gli amanti della buona cucina romagnola e dei giocatori di basket in particolare che qui quando possono ci tornano sempre volentieri. Giornata intensa e carica di emozioni per la quale vogliamo ringraziare Luigi Giulianini, uno degli organizzatori di queste rimpatriate che, a detta degli stessi atleti, non sono così comuni nelle altre città.

Buongiorno Fox e bentornato a Forlì. Com’è nata questa iniziativa del John Fox day?

“Sarei dovuto venire in Italia a Forlì l’estate scorsa poi però mia madre si è ammalata e purtroppo è venuta a mancare quindi ho dovuto rimandare il tutto. Circa un mese fa ho deciso che era giunto il momento di tornare a Forlì e mi sono sentito con Stefano e Alberto (Colombo e Poggi n.d.r.) per rendere la cosa fattibile. In quel momento non era in programma nessun John Fox day perché doveva essere una cosa tra poche persone, tra gli amici o come li considero io la mia famiglia forlivese ed invece la cosa si è divulgata e come spesso accade, da cosa nasce cosa e così è nato il John Fox day e sono ben felice di essere qua”.

Cosa fa oggi nella vita John Fox ed anche se non è più la società nella quale giocò segue la Pallacanestro Forlì 2.015?

“Non seguo la pallacanestro in generale, ma seguo sempre Forlì attraverso i social ed il sito della LNP ed anche se quello di oggi è un altro club sono rimasto molto legato a questi colori. Ogni settimana controllo i risultati e sono rimasto molto dispiaciuto per l’epilogo della stagione scorsa con la mancata promozione dopo la grande annata della stagione regolare. Oggi sto vivendo il mio sogno perché ho realizzato ciò che sognavo sin a bambino. Sei mesi fa ho terminato il mio rapporto di lavoro con la compagnia farmaceutica per la quale lavoravo e sono in semi pensionamento (sorride), mi sono trasferito insieme a mia moglie Bonnie da dove vivevo in Pennsylvania, nello stato del Montana, in una landa desolata dove abbiamo costruito casa e tutto attorno c’è il paradiso che ho sempre sognato. Mi diverto ad andare a pesca, fare camminate in montagna, essere a contatto con la natura, vedere alci, orsi grizzly e tutto questo in compagnia di mia moglie Bonnie con la quale sono sposato da ormai 36 anni ed è sempre al mio fianco. Tra l’altro sono da poco diventato nonno”.

Dica la verità quanto le mancavano il cibo e gli amici romagnoli?

“Non c’è nessun altro posto al mondo nel quale si mangi bene come si mangia qui in Romagna e infatti quando ero sicuro che sarei tornato a Forlì mia moglie Bonnie ha iniziato a preparare dei cibi pseudo romagnoli per allenarmi a ciò che avrei ritrovato qui (ride di gusto). Per il resto, come ho detto prima, a Forlì è un po’ come essere in famiglia perché ci sono diverse persone che sono molto più che amici e Forlì è un posto speciale per noi”.

Sono trascorsi 35 anni dal suo esordio a Forlì nell’allora Jolly Colombani. Che ricordo ha di quella partita?

“Il ricordo particolare che ho di quel giorno non è tanto della partita in sé quanto dell’apertura, dell’abbraccio della gente ricevuto a fine partita che fu sicuramente dettato dalla grande prestazione e dalla vittoria. Però, da ragazzo di 23 anni che ero quando arrivai qui da un’altra realtà, quello che percepii fu di essere arrivato in un posto dove avrei potuto sentirmi veramente bene”.

La notte di Fabriano la considera il punto più bello della sua avventura forlivese o ce ne sono altri?

“Ho vissuto tanti momenti belli a Forlì, ma un paio li ricordo con grande piacere e li porterò sempre con me. Il primo è ovviamente la notte di Fabriano dalla partita, nella quale Ceccarelli fece l’indimenticabile 6/6 da tre, sino alla foto (mima con le braccia larghe il gesto di quella notte), nel momento in cui capimmo che avremmo vinto, insieme a Marco (Bonamico n.d.r.) oltre al ritorno a Forlì con più di duemila persone ad attenderci al casello dell’autostrada intorno a mezzanotte/l’una. Una gioia ed emozioni incredibili e indimenticabili. Il secondo ricordo è nell’anno di Serie A1 quando mi ruppi il ginocchio e non ero sicuro di poter tornare a giocare a certi livelli. Nella partita del rientro sentii forte la spinta, oltre che dei compagni e di Marco che in quanto capitano ed uomo di grande esperienza ebbe parole importanti per me, del pubblico che mi sollevarono, mi innalzarono e mi fecero capire l’affetto e l’importanza che avevo per Forlì”.

Forlì è un piccola città, oggi un po’ più trafficata di quando la conobbe lei, che forse non offre tantissimo. Come vive un americano abituato a realtà completamente diverse, in una città come Forlì?

“Sono nato e cresciuto a Filadelfia, poi però le scuole superiori andai a farle in periferia a Millersville University, un posto a misura d’uomo, così come nel Montana, altro posto piccolo con meno di mille abitanti nel quale vivo e quindi a Forlì mi trovai benissimo e a mio agio perché la realtà del luogo e delle persone fece la differenza facendomi sentire come a casa”.

Nel suo primo periodo a Forlì giocò con Bob McAdoo formando una delle coppie di americani più forti viste a Forlì. Ci racconta un aneddoto su McAdoo?

“Una delle coppie più forti perché c’era McAdoo (ride divertito). Più che un aneddoto quello che posso dire di lui è che nonostante avesse 40 anni ed avesse giocato nella NBA ad altissimi livelli si allenava con una serietà ed una dedizione fuori dal comune. La meticolosità con la quale si preparava nelle partite di allenamento, che sono quelle che poi ti consentono di saper stare in campo nelle partite di campionato della domenica, fu per me un grande insegnamento. Da lui ho imparato tanto non solo dentro al campo, ma anche al di fuori, perché ero un ragazzo di 23 anni che grazie ai suoi insegnamenti è cresciuto anche come uomo”.

Il tifoso forlivese è curioso. Vuole raccontarci un aneddoto di coach Virginio Bernardi?

“Virginio Bernardi era un coach molto diretto, onesto, ma diretto e quello che pensava te lo diceva in faccia e quindi con questo suo modo di essere fece crescere tanto il nostro gruppo. Personalmente non dimenticherò mai le parole di Virginio nello spogliatoio dopo il mio infortunio, dal quale non sapevo sei sarei più riuscito a tornare, parole che tengo per me e rimarranno per sempre con me e che contarono tantissimo. Mi dispiace che oggi non sia più un allenatore anche se è ancora nel mondo della pallacanestro come procuratore, però è una grande perdita per la pallacanestro giocata”.

Dei suoi compagni con cui condivise l’esperienza forlivese è rimasto in contatto con qualcuno?

“Sono in contatto con Marco Bonamico, lo ero con Davide Ceccarelli fino a quando ha avuto facebook e con Luca Cimatti”.

A nome della redazione di Piazzaledellavittoria.it un sincero ringraziamento a John Fox, sua moglie Bonnie e Alberto Poggi per la pazienza e la disponibilità mostrata per la realizzazione della presente intervista.

Invitiamo tutti i lettori a rimanere sintonizzati sulla nostra pagina perché il John Fox day ha riservato una piacevolissima sorpresa che vogliamo condividere con tutti Voi..