A pochi giorni dall’inizio dei playoff, i nostri tre Moschettieri incontrano Antimo Martino, il coach della squadra vincitrice della regular season, che si racconta tra passato, presente e futuro e parla del suo un obiettivo nella post season: “arrivare più in là possibile guardando partita dopo partita” e di un sogno chiamato A1.
Ciao Antimo, partiamo dal tuo passato. Da bambino hai mai pensato di diventare un allenatore o avevi altri progetti in mente?
“Sicuramente avevo tanta passione per la pallacanestro; giocavo e ho iniziato ad allenare molto presto, perché anche quando ancora giocavo, intorno ai 20 anni, mi avevano coinvolto a livello di giovanili. Col passare degli anni ho capito che questa passione sarebbe potuta diventare un lavoro.”
Prima di diventare allenatore, come giocatore sei arrivato alla C1. Che giocatore eri? Cosa ti è mancato per raggiungere le serie maggiori che hai poi raggiunto da coach?
“Giocavo play-guardia,ero un giocatore certamente più tecnico che atletico. in campo avevo una predisposizione da allenatore, perché mi piaceva leggere le situazioni e comprendere il gioco.”
In un gruppo è importante l’alchimia, ma guardando il singolo, quali sono le caratteristiche che deve avere un giocatore di questi livelli?
“Sicuramente la voglia di migliorarsi, la passione e il desiderio di arrivare a un livello più alto possibile, quindi l’ambizione. Quello è il fuoco che ti brucia dentro e ti porta ogni giorno ad allenarti, ad ascoltare e a migliorare. Senza purtroppo non si fa niente, anche se c’è del talento, perché alcuni giocatori possono avere più talento di altri, ma quella passione, voglia e mentalità servono sempre. Il resto conta ma il giusto. Perciò se devo indicare qualcosa dico mentalità e passione.
Potessi tornare indietro nel tempo cambieresti qualcosa nella tua carriera, c’è qualcosa di ciò che hai fatto che cambieresti?
No, sinceramente no, perché di base metto sempre l’impegno in quello che faccio. So perfettamente che nello sport bisogna accettare i momenti positivi e negativi, annate buone e meno buone, bisogna sempre accettare il risultato del campo e c’è anche una componente di fortuna. Quindi credo che quando si dà il massimo si è più sereni e pronti anche ad accettare quello che succede.
Quali sono 3 partite che non scorderai mai della tua carriera?
“Bella domanda… quelle che hanno rappresentato le pietre miliari della mia carriera. Allora, direi, l’esordio da capo allenatore in A2, a Ravenna, il giorno della vittoria del campionato di A2 con la Fortitudo e la partita con Treviglio che ha significato il 1° posto matematico nel girone giallo e la soddisfazione di avere raggiunto un risultato importante, anche se parziale.”
Sei ormai all’ottava stagione da capo allenatore, solitamente chiedi ai tuoi giocatori di adattarsi al tuo gioco o fai in modo di adattarti a loro?
“Credo di avere la capacità e la flessibilità di adeguarmi alle caratteristiche dei giocatori; è chiaro che in fase di costruzione di squadra, se posso, cerco di trovare dei giocatori che possano coincidere con il mio modo di allenare e di pensare.”
Hai avuto l’onore di essere assistente di un grande allenatore con un ampio palmarès come Jasmin Repesa; cosa ti ha colpito di lui che secondo te rende le sue squadre vincenti?
“Sicuramente la leadership, la forte personalità, e ovviamente anche le conoscenze tecniche, perché comunque stiamo parlando di un allenatore molto preparato.”
A marzo 2019 hai ottenuto con 3 giornate d’anticipo la promozione in serie A1 con la Fortitudo Bologna: che emozioni hai provato? Come significherebbe rivivere queste sensazioni anche a Forlì?
“Sono delle emozioni fortissime e sarebbe molto bello… Sarebbe bello, non è facile ma stiamo lavorando dal primo giorno per seguire un sogno e i sogni vanno sempre ricercati. Quindi speriamo e auguriamoci che quel sogno possa diventare realtà.”
Il presidente Nicosanti a inizio anno ti ha descritto come una persona di grande professionalità e serietà, cosa pensi di avere portato di tuo a Forlì?
“Sicuramente l’entusiasmo, la passione con cui alleno tutti i giorni, l’ambizione che cerco di trasmettere alla squadra perché, come dicevo prima. è l’aspetto più importante: Quindi la voglia di crescere, di migliorarsi, che poi sono cose che aiutano a vincere. Inoltre spero ovviamente di aver contribuito a una crescita sia individuale che di squadra.”
Ti è stata affidata una grande responsabilità: una stagione da allenatore e responsabile dell’area tecnico sportiva di una squadra ambiziosa come Forlì: come hai scelto i tuoi giocatori e come valuti la stagione finora?
“Allora, abbiamo scelto i giocatori come ho sempre fatto in tutte le squadre dove ho avuto la possibilità di incidere sulla costruzione della squadra. Puntando innanzitutto su persone brave professionalmente e brave persone prima ancora che bravi giocatori, perché mi piace prendere molte informazioni prima di firmare un giocatore. Preferisco lavorare con qualità umane di un certo livello perché credo che questo poi aiuti. L’altra cosa è che abbiamo cercato di portare a Forlì giocatori che per motivi diversi avevano molto entusiasmo e vedevano questa stagione come una stagione importante per loro e tutti questi elementi si sono incastrati.”
Da quando è nata la Pallacanestro 2.015 i biancorossi non avevano mai vinto una regular season di A2: cosa si prova a stare in vetta alla classifica?
“È molto gratificante, stiamo disputando un campionato al di sopra delle aspettative, però credo che stiamo meritando partita dopo partita di rimanere lì, e sicuramente non è casuale se siamo lì da così tanto tempo. Adesso però arrivano nuove sfide perché nei playoff si riparte da zero ”
Come preparerai tatticamente e mentalmente i tuoi ragazzi per i playoff e cosa ne pensi dell’Umana Chiusi?
“Cercheremo di seguire le nostre attitudini, quindi chiaramente preparare con attenzione tutti i dettagli di questa partita. I playoff sono delle sfide un po’ diverse nel senso che si gioca a distanza di pochi giorni, ci saranno sicuramente degli adeguamenti tattici tra una partita e l’altra, però non dobbiamo far altro che continuare a lavorare come abbiamo sempre fatto. Chiusi è una squadra che rispetto molto, che l’anno scorso ha fatto un ottimo campionato e quest’anno sta dimostrando che ha del valore, ha dei giocatori importanti e nelle sfide contro di noi ci ha comunque sempre messo in difficoltà, quindi molto rispetto.”
Nei playoff siete stati collocati nel tabellone oro con altre favorite alla promozione come Udine, Cento, Cremona e la tua ex squadra, Bologna: quale squadra temi di più?
“In questo momento la mia unica preoccupazione è Chiusi, quindi credo che dobbiamo ragionare così, i playoff vanno affrontati in questo modo. Si pensa una partita per volta e il resto lo scopriremo.”
Per concludere: chi è Antimo fuori dal campo?
“Cavolo, questa è difficile (ride, ndr). Innanzitutto sono un papà, con il mio lavoro non ho molto tempo libero, cerco di stare con la mia compagna Cristiana e con i miei bimbi Matteo e Giorgia. Credo sia normale: il mio tempo libero è per loro”.
Grazie coach e in bocca a lupo per i playoff.