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Oggi è mercoledì. Avete giocato sabato e tornate in campo sabato prossimo. Qual è il programma?

Oggi partita con la Juniores. E’ interessante anche per loro giocare con la prima squadra.

Com’è organizzato il lavoro settimanale?

Il martedì abbiamo la ripresa, al mercoledì doppio allenamento con mattina seduta concentrata sulla forza e il pomeriggio sull’intensità. Tra i due allenamenti abbiamo quasi sempre una seduta video. Giovedì l’amichevole, restano due allenamenti. In un tipo di settimana come questa, il giovedì pomeriggio e il venerdì mattina.

E’ un lavoro che fai tutti gli anni allo stesso modo o è soggetto a modifiche?

Dipende dai momenti del campionato, qualche variazione può esserci ma in generale è standard. A me ad esempio piacerebbe fare il doppio allenamento anche al giovedì, magari con i ragazzi più giovani.

Riguardo i video hai qualcuno che ti prepara il materiale?

No li faccio io personalmente. Riprendiamo la partita con telecamera nostra, sia in casa che fuori, dalla tribuna a campo largo. Poi io me la rivedo e faccio i tagli delle cose che mi interessano.

Con Sangiorgi e la telecamera in tribuna al Morgagni

Quanto tempo ci impieghi?

A casa quando mi metto il giorno dopo la partita in media tre o quattro ore. Ho trovato un programmino semplicissimo.

Ci ricavi anche le statistiche?

No io guardo solo le azioni e le cose che ci interessano, generalmente tattiche della partita. Poi posso aggiungere cerchi, frecce e queste cose qua.

Il lavoro video con la squadra è solo di gruppo o anche individuale?

A volte anche individuale. Di solito sono una ventina di situazioni tattiche, non di più. Non li tengo davanti al video troppo tempo.

Da quanto tempo lo fai?

L’anno scorso se ne occupava Simone Groppi. Ma anche gli anni prima, ad esempio alla Spal, è un lavoro che facevo io perché mi piace.

A livello tecnologico c’è qualcosa che ti piacerebbe avere?

Il drone. Ci abbiamo provato l’anno scorso perché Capellupo ha un drone bellissimo, fantastico. Col tempo mi piacerebbe prenderlo e averlo.

Come imposti invece il lavoro sugli avversari?

Questa è una cosa che cura Giulio Bonacci. Scarica le ultime due partite con Sportube, fa i tagli e tutto. Però quasi mai la faccio vedere ai ragazzi.

Perché?

Preferisco guardarla solo io e poi lavorare sul campo insieme a loro sulle cose che dobbiamo fare in relazione all’avversario, gli accorgimenti eccetera. A loro faccio vedere solo la nostra partita e non solo gli errori, anche le cose buone.

In genere quanto tempo li tieni al video?

Una mezz’oretta.

Sono ricettivi?

Sì. Poi c’è anche qualcuno che ti chiede la chiavetta con i tagli e gliela diamo.

Si parla sempre di moduli: 3-5-2, 4-3-3 invece probabilmente per un allenatore sono più importanti certi concetti di gioco, di base, che sono sempre quelli a prescindere dal modulo. Quali sono i tuoi, quelli che tu insegni per primi e pretendi?

Il discorso del modulo è molto relativo. Fermo restando che ad un allenatore può piacere un modulo e quindi innanzitutto costruisce la squadra su quello. Ad esempio noi l’anno scorso abbiamo giocato sempre 4-3-3, poi mi sono reso conto che è un modulo che non sfrutta appieno le caratteristiche dei giocatori che abbiamo, e allora non ha senso continuare. Però non è il segreto quello. E’ una cosa relativa, da lavagna. Sono più importanti i principi di gioco che bisogna avere chiari: come creare la superiorità numerica quando sei in possesso palla, dare la possibilità al possessore di palla di avere più soluzioni, giocare la palla a terra, dare la palla e smarcarsi…

Una cosa molto evidente è che le tue squadre sono riconoscibili. Dopo 5 minuti che vedi giocare una squadra di Gadda, anche già adesso, a fine settembre, la riconosci.

Più che il modulo contano i principi di gioco per me. La ricerca dell’ampiezza, il passaggio utile a superare l’avversario, la velocità del passaggio, lo smarcamento. Queste cose fanno davvero la differenza.

Le marcature preventive.

Preparare a difendersi mentre stai attaccando. Magari è l’attimo in cui il difensore pensa: abbiamo la palla, mi rilasso. Invece se perdiamo palla… Col Pordenone uno-due sulla trequarti Ponsat-Bardelloni, palla persa, non eravamo pronti, bum, gol.

A che punto siete rispetto a questo cose, adesso a fine settembre?

Mi sono reso conto in questi ultimi 10-15 giorni che la squadra è cresciuta parecchio. Un po’ di tempo fa, anche a livello di mentalità, non avevamo una precisa identità. Adesso ci siamo, fermo restando che questa squadra ha margini di miglioramento importanti.

Quest’anno sei mai stato soddisfatto della prestazione?

Con il Pordenone. Lì ho visto una squadra a posto. A posto come interpretazione della partita, come voglia di andare a far gol. Poi è vero che c’è stata Padova.

Cos’è successo lì?

A livello di mentalità questa squadra ha cominciato il campionato col freno a mano tirato. Impaurita da quello che andava ad affrontare. Vai a Venezia e guardi Inzaghi che entra, guardi Tacopina se è vestito bene, ti guardi in giro, i ragazzini giovani si fanno il selfie allo stadio… Ma è giusto così, è normale.

Però dopo io sono uscito da Venezia e ho pensato: cazzo, qui dovevamo fare risultato, Potevamo farlo perché non era impossibile con meno timidezza. Poi giochi col Pordonone un bel primo tempo, poi Padova e perdi giustamente. Però anche lì ho avuto la sensazione che gli altri sì, fossero forti, però anche noi potevamo metterli più in difficoltà. Nelle ultime due con Albinoleffe e Sudtirol invece l’atteggiamento è stato giusto. A Bolzano potevamo perdere perché nell’ultimo quarto d’ora ci hanno messo lì. Però ho dovuto togliere Adobati a fine primo tempo, Cammaroto dopo 5 minuti e poi Ponsat tutti per infortuni. Non è tanto per i sostituti che hanno fatto bene, ma per i cambi che non avevo più. Perché alla fine Capellini ha dato il collo, Tonelli ha dato il collo, non potevo mettere gente fresca e abbiamo perso un sacco di campo. Ma nel secondo tempo dalla panchina due o tre volte ho avuto la sensazione che l’avremmo vinta perché potevamo davvero fare gol da un momento all’altro.

Rispetto a questo anno e mezzo invece quand’è che hai pensato: ok, questo è il Forlì di Gadda.

A Parma. Venivamo da due sconfitte e abbiamo fatto una partita davvero sopra alle righe al Tardini. Ma anche altre volte: mi ricordo col Castelfranco 3-4 a 0 nel primo tempo… Anno scorso tante. A Ravenna anche abbiamo fatto un partitone.

Domanda difficile. C’è un allenatore che guardi la partita in tv e dici: questo è bravo. Il tuo riferimento.

Sceglierne uno non è facile. Dico Conte perché ecco, lì vedi veramente la mano dell’allenatore. Non ha portato qualcosa di nuovo ma ha aggiunto, sì. Poi ce ne sono altri penso a Di Francesco a Sassuolo, è uno destinato ad allenare una grande. Ce ne sono tanti bravi anche in Lega Pro e in D: la categoria in Italia ha una qualità molto elevata: abbiamo avuto la forza di aggiornarci, di studiare… Non per niente i nostri li scelgono in Inghilterra.

Da juventino sono convinto che Conte abbia lasciato un’eredità di calcio, di cultura alla squadra che poi è stata portata avanti da Allegri e ancora si vede. Rispetto a questo, come sono i giovani che arrivano oggi rispetto a quando giocavi tu?

Devo dire che qui sia anno scorso che quest’anno ho trovato ragazzi evoluti, anche mentalmente adulti. Penso l’anno scorso a Tentoni, Enchisi, Bisoli, Paolino Rrapaj… Ragazzi con la testa pronta per fare il calciatore. Si parla tanto male della gioventù oggi ma questi sono giovani bravi. Sono stato fortunato.

E quest’anno?

Idem. Con la differenza che magari vengono da Primavere di Atalanta, Torino… per cui l’inserimento è un po’ più faticoso. Vengono qua e gli dici: dovete avere senso di appartenenza per la maglia del Forlì e loro ti guardano come dire: ma questo cosa sta dicendo? L’anno scorso era più semplice perché venivano tutti dal territorio. E guarda il senso di appartenenza al territorio, alla città, alla maglia è importantissimo. Io ho avuto l’esperienza a Ravenna quando vincemmo il campionato di D: avevo 18 giocatori su 22 del territorio, così fai in fretta a costruire un sentimento di appartenenza.

Giudichi la prestazione anche tenendo conto dell’età o quando scendono in campo sono tutti uguali? Ieri sera nel Milan contro la Lazio giocavano Donnarumma che è un ’99, Calabria ’96, Romagnoli ’95, Locatelli ’98. Noi qui abbiamo un portiere del ’97 e sembra che sia un bambino.

E’ assolutamente così. L’ho detto ai ragazzi un mesetto fa: nel nostro gruppo sta storia dei vecchi e dei giovani non esiste. Se uno è qua, che abbia 18 anni o 33, vuol dire che può fare la Lega Pro. Al di là del fatto che il Forlì non ha avuto grandi risorse pe fare la squadra, però chi è qua ci sta a questo livello.

Tornando all’anno scorso, quando hai capito che Nocciolini stava switchando? C’è stata una partita, una chiacchierata tra voi due, un momento particolare? Perché fino a 26 anni è stato un giocatore, a Forlì è diventato un’altra cosa e adesso fa la differenza anche a Parma.

Ci sono state tre o quattro volte durante l’anno in cui ho avuto non dico scontri, ma confronti accesi sì. Manuel ha delle qualità da serie A: se mi chiedi un difetto tecnico o fisico in lui non te lo trovo, una lacuna non c’è. La sua era che affrontava le cose in maniera superficiale, come se tutto fosse uno scherzo. Quando ha fatto questo saltino mentale in allenamento e ha smesso ad esempio di cercare sempre il colpo ad effetto… Lì è cambiato. Ma lo hanno aiutato molto anche i compagni. Penso a Fantini, a Cola, questa gente qua. E’ un giocatore che può fare la serie B ad occhi chiusi Manuel, e se lui capisce questo non è tardi. Non è stato un lavoro semplice con lui.

Il gol più bello di Nocciolini con la maglia del Forlì: rovesciata al Benelli

Da fuori non è passato tutto questo. Sembrava semplicemente un bravo ragazzo, sempre sorridente.

E lo è. Ma aveva questo modo di fare estroso… Si presentò la prima volta in ritiro a Rocca con un maggiolone giallo e arancione, ho pensato: alè, siamo rovinati. Meno male che l’ha fuso subito in autostrada e l’ha buttato via.

L’hai sentito ultimamente?

Sì mi ha scritto la settimana scorsa un messaggio. Bello. Però dopo i tre gol che ha fatto non gli ho scritto (ride).

Si paragona molto Bardelloni a Nocciolini, anche lui estroverso eccetera. Però in campo sembra più un giocatore fatto, con meno margini. Sbaglio?

Ha delle qualità tecniche notevolissime. Questi ragazzi perdono degli anni importanti nella loro carriera, magari perché non trovano le persone giuste nel loro percorso… Magari trovano tanti allenatori accecati dal risultato, che perdono la pazienza e smettono di aiutarli. Bardelloni è un ragazzo d’oro, i ragazzi gli vogliono tutti bene, è matto scatenato però quel tipo di matto giusto, buono. Fa parte di quel tipo di giocatori che devono star bene, gli devi voler bene e allora ti danno tutto. E pur con caratteristiche diverse da Nocciolini ha dei colpi pazzeschi. Non farà mai tantissimi gol ma te ne fa fare tanti.

Il primo e finora unico gol di Bardelloni, di testa a Bolzano, con la maglia del Forlì

Sbaglio di molto se penso che uno dei giocatori chiave di questa stagione, forse il giocatore chiave, sarà Capellini?

Alla fine del mercato mi ha chiamato Cangio e mi ha detto: c’è Capellini. Gli ho risposto: sì, subito. Prendilo immediatamente. E’ un profilo giusto anche per il Forlì, si deve rilanciare ed è forte: ha fisico, tecnica, cambio di passo…. Palla al piede ha un’accelerazione impressionante. Può essere un valore aggiunto.

E può fare la mezzala?

Si perché è anche un atleta. Ha forza e resistenza.

Mi è sembrato un po’ macchinoso.

Viene da un anno di crociato e un altro anno in cui ha fatto 14 presenze. Giocare con continuità lo aiuterà.

Prima sentivo Pistocchi su Mediaset Premium, purtroppo mi ci sono dovuto abbonare per vedere la Juve in Champions, e sosteneva che se Allegri passerà al 4-2-3-1 vincerà facilmente lo scudetto, altrimenti sarà dura. Quanto è difficile per un allenatore accettare col sorriso le osservazioni, i consigli, le critiche anche violente di chi vede la squadra una volta la settimana e pretende di saperne di più? Te lo chiedo perché ad esempio a me fa incazzare parecchio quando mi consigliano un’inquadratura piuttosto che un’altra. E mi capita di rado, non so come farei al tuo posto.

Per chi fa questo mestiere è la quotidianità e bisogna saperci convivere. Poi ci sono anche critiche costruttive. Magari un giornalista in sala stampa dice una cosa, uno va a casa, ci ragiona e dice: può essere. Poi le minchiate sono tante.

Ma il tuo conviverci com’è? Ti metti una faccia?

Le riesco ad assorbire abbastanza tranquillamente. Non mi creano problemi. Anche perché vengo dall’esperienza alla Spal e quella è una piazza davvero tosta, come Cesena. Quelle sì che sono tremende. Ma non ricordo di aver mai avuto uno scontro, che so, con un giornalista. Per far l’allenatore in Italia o sei un deficiente o hai una gran passione e vai avanti, dritto. Che è quella che ho io. Ho 53 anni, ho iniziato a Lugo poi Ravenna, Giacomense, alla Spal pensavo di fare il salto di qualità e poi invece siamo andati su e poi hanno cambiato, poi male a Fano, poi Forlì. Ma io non ho perso l’ambizione di poter arrivare in cima.

Sei sposato, cosa ti dice tua moglie del tuo lavoro?

Mia moglie guarda la partita su Sportube quando giochiamo fuori, abbiamo fatto il contratto, e fa così: quando abbiamo la palla noi la guarda, quando ce l’hanno gli altri si sposta. Mi sono sposato a 23 anni ad Ancona, mi ha sempre seguito e ho avuto la fortuna di non stare mai lontano dalla famiglia.

E’ uno dei fattori che ti ha fatto scegliere le squadre nel corso della carriera?

Magari un po’ i primi anni ma adesso no, se devo andare lontano vado.

Come ti hanno convinto a restare a Forlì la scorsa estate?

Avevo sentito parlare di un ambiente molto difficile qui, l’anno della retrocessione. Invece abbiamo cercato di sistemare un po’ le cose che non andavano, di darci un’organizzazione, e ho passato un anno bellissimo, certo aiutato dai risultati, anche sul piano del lavoro. Col Cangio abbiamo detto: andiamo avanti. E senza pensare alla Lega Pro perché quest’anno sembrava più distante. Noi pensavamo a vincere la D. E volevo finire il lavoro qui.

C’è stata la Maceratese.

E’ vero e sono andato a parlarci, ci mancherebbe. Ma non ho mai avuto dubbi, anche se il Forlì era in D.

Tra i paletti che hai messo c’è anche l’utilizzo del centro sportivo di Meldola per gli allenamenti?

Sì.

Perché?

Non mi piace allenarmi allo stadio. E’ un’esperienza che ho già vissuto a Fano: cambiarsi nello spogliatoio della domenica, vedere sempre lo stadio… quando vai a giocare la domenica perdi un po’ di pathos. Invece quando ero a Ravenna si andava a Mezzano, 15 km, il Cesena va a Villa Silvia, la Spal a Copparo che è appena fuori Ferrara. Penso sia meglio.

Però non puoi essere favorevole al sintetico.

In linea di massima no. Però tra un mese diventerà una grande risorsa, non c’è niente da fare.

Mi è rimasta in mente una cosa che hai detto prima: ti sei fatto l’abbonamento a Sportube?

Sì, a casa. 19 euro e 90 per vedere le trasferte del mio Forlì. Giuro.