Nel corso di una rimpatriata del Bar Marini, la seconda – come ci racconta Luigi Giulianini – uno degli avventori di quel bar dove fu poi fondato l’omonimo Club Marini, abbiamo “pescato”, presso il Ristorante La Tavolaccia, Davide “Cecca” Ceccarelli e Rodolfo “Rudy” Valenti, due “vecchi leoni” della Libertas 1946 che sono rimasti nel cuore dei tifosi e che con alcuni dei quali, di tanto in tanto, si ritrovano per coltivare il sentimento vero dell’amicizia.
Cosa ha rappresentato Forlì per la vostra carriera?
Valenti:” Per me Forlì è stata una specie di trampolino di lancio perché da Fabriano in A1 sono venuto in Romagna invitato da Giancarlo Asteo e Leo Sonaglia, che già giocava a Forlì, e per me fu la prima volta lontano da casa. Per il classico provincialotto che da Fabriano approdava in Romagna questa ha rappresentato una grande esperienza. Dire che qui sono stato bene è un eufemismo perché sono stato più che bene. Se non fosse stata per l’offerta che arrivò dalle Marche il secondo anno sarei sicuramente rimasto a Forlì. Non so se feci bene ad accettare, ma dopo averci pensato a lungo, spinto anche dalla famiglia, accettai la proposta di Porto San Giorgio. Qui ho conosciuto un’altra mentalità, quella romagnola, e ho fatto una grande esperienza di crescita”.
Ceccarelli:“Per la mia carriera Forlì ha rappresentato la consapevolezza che potevo essere un giocatore. Fino a quel momento avevo giocato 2-3 anni in Serie A a Porto San Giorgio, città piccola, poi venni qua. L’inaugurazione del Palafiera, Cesare Pancotto, allenatore che già avevo avuto, sette giocatori nuovi per la grande ristrutturazione dell’allora Libertas 1946 tra cui Fumagalli e Boselli, l’essere andati in Serie A1 con quella squadra, i miei due figli nati entrambi qui in Romagna, sono tutti eventi che rappresentano appunto la consapevolezza di essere diventato giocatore e uomo proprio qui a Forlì”.
Quando adesso pensate a Forlì quali emozioni e sensazioni vi suscita?
Ceccarelli: “Ti dico la verità, quando penso a Forlì mi viene in mente una sola parola: genuinità. Qui ho trovato veramente la semplicità del rapporto. Anche se passionale, come quello tifoso-giocatore, ma davvero genuino”.
Valenti: “Mi duole dirlo.. ma a parte gli scherzi non poteva esprimere nel miglior modo la stessa cosa che penso anch’io. Forlì è genuinità. Sono assolutamente d’accordo”.
A distanza di tanti anni c’è un aneddoto che vi è rimasto impresso, che non si poteva raccontare allora e che oggi potete invece raccontarci?
Valenti: “Qualche dirigente riteneva che un compagno potesse avere bisogno di compagnia; compagnia che veniva sistematicamente rifiutata tanto che decisi, insieme a Leonardo e Lino (Sonaglia e Lardo n.d.r.), di chiederne conto a questo compagno. Non posso ripetere gli insulti che gli rivolgemmo alla sua risposta, ma ci facemmo un mare di risate”.
Ceccarelli: “E’ un aneddoto presente anche nel dvd “Win Forlife” che ricordo con una simpatia estrema perché nell’anno del Palafiera, era il 1987, e della squadra nuova che dicevo prima durante il precampionato venne lo sponsor Jolly Colombani e ci disse che ad ogni partita vinta avremmo avuto un bancale di prodotti Jolly Colombani in regalo. Ebbene quell’anno lì sette partite su sette vinte (e ride di gusto) e un bancale di prodotti Jolly tra fagiolini, borlotti ecc. ecc. vi lascio immaginare.. Praticamente al bar in Corso della Repubblica sotto a dove abitavo io, non so se c’è ancora, iniziò lo spaccio in nero di prodotti Jolly Colombani. Poi ce n’è un altro che non so se si può raccontare… Comunque prendo confidenza con la città e ad un certo punto un amico mi chiede di fare una trasmissione di musica ad Aria Radio. Così il lunedì dalle 22 alle 23, l’orario in cui potevo, mettevamo la musica che ci piaceva. Chiaramente in tutti gli ambienti, quello sportivo specialmente, tra ragazzi che non hanno famiglia, ma anche tra quelli che ce l’hanno, c’erano dei gossip, veri, presunti, smentiti, ipotetici solo dagli sguardi e così una sera terminata la trasmissione azionammo la bobina come si faceva sempre. Era quella che andava avanti sino alle 7 quando chi montava la staccava e riprendeva la programmazione. Così cominciammo a parlare di tizio, di caio, di quella con quello, di quell’altra e così via. Passata mezz’ora squilla il telefono di Aria Radio. Noi attoniti, visto l’orario, rispondiamo e dall’altra parte una persona che ci dice che eravamo stati fantastici, che li stavamo facendo pisciare addosso dalle risate perché avevamo inscenato uno scherzo che sembrava vero. Noi sbiancammo perché capimmo di non aver attivato la bobina e di essere ancora in onda”.
Veniamo alla Forlì di oggi. Come vedete la Pallacanestro Forlì? Manca qualcosa o può essere una seria candidata alla promozione?
Valenti: “Sono sincero non seguo più le gesta di nessuno perché questa pallacanestro odierna non mi piace. Non mi interesso anche se qualche volta leggo e ovviamente se devo tifare lo faccio per Forlì, però non posso dare alcun giudizio”.
Ceccarelli: “L’unica cosa che posso dire leggendo marginalmente le notizie, non ho visto partite e quindi non conosco i nomi dei giocatori, è la deriva che ha preso la pallacanestro in questi ultimi anni nel senso che non ci sono più giocatori che rimangano bandiera di una città, troppi cambiamenti e in pochi si possano identificare come io mi sono sentito accolto dalla curva. Questo rapporto simbiotico di identificazione e attaccamento alla maglia è ciò che manca, non solo a Forlì ma alla pallacanestro in generale”.
Qualè stato l’allenatore più importante della vostra carriera?
Ceccarelli: “Ad affetto chiaramente dico Cesare Pancotto che mi ha dato una possibilità incredibile dopo esser retrocesso a Bari dalla B alla C chiamandomi a Forlì in quella squadra con Fumagalli, Boselli ecc. dandomi l’opportunità di venire in una piazza decisamente importante. Però i migliori numeri coincisi col miglior risultato che fu la promozione in Serie A1 personalmente li ho avuti con Virginio Bernardi, un coach che ho amato, che ho odiato, ma che porto nel cuore”.
Valenti: “Voi non lo conoscete, ma coach Giuliano Guerrieri che ho avuto a Fabriano è stato colui che per primo ha creduto in me e che considero un secondo padre. Poi posso dirti Alberto Bucci anche se per un periodo l’ho amato e odiato, più odiato perché non mi faceva giocare mai, ma ho imparato a conoscerlo anche dopo nella Nazionale Over 60 dove ha allenato e perciò devo tanto anche a lui. Ce ne sarebbero tanti perché tutti mi hanno lasciato qualcosa, ma dico Giancarlo Asteo proprio qui a Forlì perché un’umanità come la sua non l’ho mai riscontrata altrove e infine Pancotto che ho avuto a Porto San Giorgio e che era un allenatore con i cosiddetti”.