La sconfitta casalinga con la Maceratese ha aperto ufficialmente la settimana più difficile della stagione. Esausto dopo la splendida rimonta invernale, disallineato sull’impiego di Succi, ripiombato in zona playout con l’ultimo posto di nuovo non lontanissimo, minato da infortuni e squalifiche (Capellupo, Bardelloni) e scosso da un arbitraggio disastroso, il Forlì deve gestire in questi giorni l’avvicinamento alla partita di Teramo. Una partita da dentro o fuori, ma non la partita della vita: vincendola il Forlì tornerebbe prepotentemente in corsa per la salvezza diretta – e sarebbe un miracolo, considerando budget e primi mesi della stagione: vale la pena ricordarlo -, pareggiandola o addirittura perdendola i biancorossi resterebbero invece del tutto ‘dentro’ alla speranza di restare in Lega Pro passando dagli spareggi.
Ecco cinque errori che società e ambiente NON devono fare in questi cinque giorni.
1 Cacciare Gadda
Vabbè, non ci sarebbe neppure bisogno di spiegare perché: a quattro giornate dalla fine chi potrebbe prendere in mano la squadra e, senza conoscere una cippa, fare meglio di colui che in mezzo alle turbolenze l’ha portata fin qui? Non c’è scollamento con lo spogliatoio, i tifosi lo sostengono, la squadra è viva: di cosa stiamo parlando? Eppure se ne parla, eccome se se ne parla.
2 Cacciare Cangini
Esautorato dal suo incarico operativo già da tempo, diciamo prima del mercato di riparazione, il Ds biancorosso resta un punto di riferimento importante per lo spogliatoio. E per Gadda. Avrebbe avuto senso, nell’assurdità di una decisione che non tiene conto delle contingenze (budget più basso di tutta la Lega Pro, squadra costruita in agosto), ringraziarlo e salutarlo a novembre, semmai. Adesso si rischierebbe solo un tragicomico effetto valanga. No, dai.
3 Sentirsi vittime del sistema
Se Sportube non ha messo in onda le immagini del secondo rigore, che non c’era, non è perché la Maceratese ha amici altolocati. L’arbitro Boggi, figlio d’arte e sai che arte, non è venuto a Forlì per far vincere la Maceratese. No, (probabilmente) non è questo. E’ semplicemente scarso, Boggi. Capita: anche alcuni giocatori commettono delle sciocchezze inaudite. Gli alibi in questo momento della stagione sono pericolosissimi.
4 Perdere la Trebisonda
Negli ultimi minuti di partita domenica è successo di tutto, compresa una scena inedita: il preparatore dei portieri che si alza dalla panchina, risale il velodromo e si mette a litigare ferocemente con alcuni tifosi del Forlì i quali avevano urlato chissà cosa alla squadra. Ora, avendo avuto esperienza diretta dell’irascibilità del personaggio (“Se scrivi qualcosa che non mi va bene non vado dall’avvocato, ti meno. Sono uno alla vecchia”. Che potrebbe anche essere uno stile di vita entusiasmante, vivendo nella giungla oppure avendo il fisico per reggere l’urto) si capisce che smaltita la frustrazione per il ko probabilmente è tutto passato. Oltretutto Dadina è uno molto apprezzato dagli addetti ai lavori. Ma l’ambiente, presidente in primis, deve restare sereno: a Teramo non è la partita della vita per il Forlì, semmai lo è per il Teramo. Il Forlì male che vada farà i playout.
5 Votare Succi o Gadda
Sappiamo bene che l’attaccante ex Cesena è stato imposto a gennaio dalla società, in particolare è un pallino di Cappelli (Tubozeta). Se Succi facesse la differenza, in allenamento prima che in partita, non si vede perché Gadda non dovrebbe essere ben lieto di farlo giocare. Masochismo? Ma le sue prestazioni sono state fin qui scadenti soprattutto dal punto di vista fisico (che fosse il rischio più grande si sapeva). L’impazienza con cui parte della società sembra pretendere l’impiego del giocatore è dannosa per tutto l’ambiente, prima di tutto per lo spogliatoio. In passato i soci biancorossi hanno preso decisioni clamorose mettendo ai voti questioni tecniche sulle quali avevano la stessa competenza di Maria De Filippi in Medicina Nucleare. Non c’è niente da decidere, nessuna emergenza, nessun capro espiatorio da stanare: a quattro giornate dalla fine il Forlì è in corsa per la salvezza diretta dopo aver perso una partita enormemente condizionata dall’arbitro e dopo aver dimostrato di potersela giocare con tutti. Serenità. Prima di muovere una foglia, sesto consiglio non richiesto, contare fino a centomila.