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Due notti dopo la sconfitta di Fano proviamo a considerare quel che sta succedendo al Forlì senza farci prendere dall’ansia (sì, non è facile). Premessa: ha senso considerare retrocessa una squadra il 7 di novembre? Se rispondete sì, il prossimo passo è cliccare la freccia verso sinistra in alto e leggere un altro articolo. Perché secondo noi no, non ha senso. Gli esempi di rimonte ben più complicate, controvento e apparentemente impossibili di quella che è chiamato a compiere il Forlì di Gadda sono tanti quanto i gol di Forte da quando ha lasciato viale Roma.

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I numeri sono spaventosi: peggior inizio di campionato nella storia della società, zero vittorie in quasi tre mesi di partite, peggior difesa del girone e distacco dalla penultima che è salito a 5 punti. I motivi per essere giù di morale ci sono tutti, anche perché la partita di Fano rappresentava il primo crocevia importante della stagione – scontro diretto, i punti valevano doppio – ed è stata toppata.

 

Atteggiamento

Quel che ha lasciato più perplessi è stato il modo in cui il Forlì ha perso. Dopo un buon inizio, volenteroso e giocato almeno alla pari con i marchigiani, la squadra di Gadda ha incassato il solito golletto per una leggerezza davvero grave di Adobati.

Il cross che arriva dalla fascia è blando e il terzino del Forlì posizionato bene sul campo e col corpo. Il tentativo di controllare la palla può anche essere corretto, ma il piede sinistro impatta con inaccettabile mollezza. La sfera sfugge: gol, set, match

 

Sotto di una rete la squadra romagnola ha dato l’impressione di accettare il ko senza colpo ferire. La gara si è mantenuta infatti estremamente corretta, le occasioni da gol pochissime: in un’ora di gioco il Forlì ha prodotto l’ormai noto sinistro a uscire di Bardelloni e due colpi di testa estemporanei dello stesso Adobati, dimostrandosi nel complesso troppo leggero per una partita così importante. E’ evidente che i giocatori si impegnano, solo che a volte il 100% non basta: in partite così delicate e con quel gap tecnico/fisico da colmare servirebbe qualcosa in più o di diverso per rompere il vetro della realtà e cominciare una storia nuova.

 

Gadda

L’ottava sconfitta in 12 gare ha aperto ufficialmente il dibattito tra i tifosi (e chissà se anche tra i soci) in merito al destino di mister Gadda. E’ lui il problema? Difficile sostenerlo. E’ lui parte del problema? Può essere. Di sicuro nessuno tra i suoi predecessori al Forlì – e non mi viene in mente nessun altro anche allargando il discorso al calcio in generale – aveva goduto prima di tante fiches.

per dire

 

D’altronde va anche ricordato che la decisione di Gadda di restare a prescindere dalla categoria, la scorsa estate, era stata davvero sorprendente: dopo il gran campionato di serie D e con la prospettiva di un budget ridotto all’osso, l’allenatore di Legnano avrebbe potuto comodamente accasarsi altrove, non solo alla Maceratese, magari in Interregionale, con la prospettiva di un’altra stagione di vertice, applausi, sorrisi e come dicono nel basket “cinque alti”. E invece ha sposato un progetto (si vabbè, progetto è una parola grossa) complicatissimo, in un ambiente rognoso, col rischio di disperdere in pochi mesi il felice passato recente. Purtroppo ci sta riuscendo. Non solo: Gadda sta facendo di tutto per far dimenticare ai tifosi quanto era bello e coinvolgente il suo primo Forlì.

 

Tattica

Partito con l’amato 4-3-3, l’ex allenatore della Spal ha cambiato idea dopo appena due sconfitte schierando già nella seconda gara al ‘Morgagni’ contro l’Albinoleffe (14 settembre) la difesa a tre. Più copertura difensiva, più compattezza di squadra, meno rischi: l’idea, spiegata dal tecnico proprio su Pdv pochi giorni dopo, era quella di sfruttare meglio le caratteristiche degli uomini che aveva disposizione. Senza specificare quali, era facile rintracciare le difficoltà della coppia centrale in difesa e quelle di Bardelloni e Ponsat, troppo lontani l’uno dall’altro per diventare in qualche modo efficaci. Ma anche il 3-5-2 non ha funzionato, tra l’altro gli inserimenti dei centrocampisti continuavano ad essere rarissimi, per cui Gadda da inizio ottobre ha optato per il più scolastico dei 4-4-2 (in linea o a rombo). Volendo dare equilibrio e sicurezze alla squadra ha finito però per depotenziare le sue migliori qualità. Il Forlì non si passa più la palla velocemente, non cerca la giocata tra le linee, non ha il coraggio di assaltare gli avversari e raramente (più a sinistra) dà ampiezza alla manovra. E’ diventata una squadra ordinatissima e prevedile. Solo che è debole, per cui giocandosela sull’errore con avversari più forti e preparati finisce per perdere quasi sempre. Ora Gadda ha una scelta da fare: può continuare nella speranza – succederà prima o poi – che per una volta l’avversario faccia più errori del suo Forlì, oppure può rimettere in campo le sue idee. Il suo 4-3-3, il suo Forlì d’attacco, col rischio di perdere 3-0 al Morgagni col Modena ed essere esonerato dieci minuti dopo. Vale la pena rifletterci, la risposta non è scontata.

 

Futuro

Ma non è scontata neanche la retrocessione del Forlì. Non ancora, almeno. Prima bisogna giocarsi le prossime due partite con Modena (10 punti) e Mantova (9). Avversarie che navigano in paludi non molto migliori di quelle biancorosse. Il 20 novembre, dopo 14 giornate e tre scontri diretti alle spalle, sarà possibile tirare la prima riga. Fino ad allora Gadda, lo staff e i giocatori meritano fiducia e sostegno. A prescindere? Sì, a prescindere.