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E’ molto raro che allenatori di calcio dei settori giovanili si sbilancino con giudizi definitivi. Troppe variabili, troppe delusioni, troppi piccoli campioni finiti in Eccellenza. Eppure su Nicolò Samy Baldassarri sono tutti concordi: “E’ un predestinato”. Di più: “Se il ragazzo non va in serie A, smetto di allenare”.

Il portiere ravennate classe 1999, attuale secondo della prima squadra alle spalle del titolare Turrin (1997 dell’Atalanta), è un autentico tesoro per il Forlì. Che continua a non credere davvero nell’inevitabilità di un settore giovanile forte e sviluppato, ma dopo Ercolani e ancor più di Ercolani si è trovato in casa un altro crac. Tanto che nelle scorse settimane lo scout dello United David Williams – sì, lo stesso – è stato a Forlì per visionarlo insieme ad un collaboratore. Il ragazzo seguirà le orme di Ercolani? Non è detto.

190 centimetri per 95 chili, talento naturale di quelli che “farebbero la differenza in qualunque sport”, Baldassarri, musulmano, è unico in vari aspetti tra cui la personalità: non c’è sfida che lo spaventi, età che lo intimorisca o cross sul quale non si senta perfettamente a suo agio. Se molti portieri vedono quel che sta fuori dall’area piccola come una giungla spaventosa, la comfort zone di Baldassarri arriva fin oltre il dischetto del rigore. Esce “alto” con una disinvoltura che è propria solo dei grandi (in senso lato), rendendo impossibile anche solo il paragone con i parietà. Infatti l’anno scorso il suo Forlì, quello degli Allievi, ha vinto il campionato italiano. E non è stato proprio un caso.

Per avere un idea del suo contributo al tricolore basterebbe citare i tre rigori parati nelle ultime tre partite delle finali. Compresa questa, nella gara in cui il Forlì – ma soprattutto Drei e la Samorì, vai a sapere perché – ha alzato per la seconda volta nella sua storia – la coppa.

Estroverso al punto di avere Antonioli come modello di riferimento (non è uno scherzo), capobranco nello spogliatoio, a un allenatore che al Federale gli tirava racchettate di palline da tennis in porta urlò: “Ok mister, ma quando cominci a fare sul serio?”. Le parava tutte con naturalezza grazie ad un senso della posizione innato, che difficilmente si può trasmettere sul campo e che invece lui ha nel dna. Chi lo segue ne resta abbagliato. “Allenarlo – racconta Stefano Braga – è stato un piacere: ci siamo dovuti ammorbidire entrambi perché oltre alle qualità tecniche ha carattere. Sono sicuro che arriverà”.

Mentre l’anno scorso si è allenato con Dadina e la prima squadra da gennaio ad aprile, per poi tornare insieme ai compagni e vincere il suddetto campionato, nella stagione in corso è stabilmente con il Forlì di Gadda. Minuti giocati? Zero.

Perfino Croci, Di Rocco e Frabattista hanno avuto il piacere nella sfigatissima stagione in corso di assaggiare la Lega Pro (24, 26 e 12 minuti rispettivamente). Ma lui no: quello che probabilmente è il talento più sfolgorante prodotto dal settore giovanile biancorosso – uno che facendo tutti gli scongiuri del mondo presto o tardi porterà una barca di soldi in cassa, soldi che potrebbero addirittura salvare la società – non può giocare in Lega Pro. Perché?

Domande

Alla sua età, per dire. Donnarumma è titolare a San Siro senza fare una piega. Magari Baldassarri non sarà a quel livello là (o magari sì), ma perché non provarlo? Postilla: la porta biancorossa è difesa da un ragazzo che ha solo due anni in più ed è di proprietà dell’Atalanta: Turrin sta giocando un buon campionato ma che senso ha la scelta?

Se il Forlì non dà la possibilità di giocare ad un ragazzo con queste indiscutibili qualità, a chi la darà? La società può permettersi di tenere in congelatore per un anno intero un tesoro così unico? E soprattutto ha senso – dal punto di vista tecnico ma anche economico – farlo? Al momento Baldassarri non gioca in prima squadra e non gioca neanche coi ragazzi: come può crescere senza partite vere? E come può aumentare il suo valore?