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Forlì calcio ha depositato nelle scorse settimane alla Camera di Commercio il bilancio chiuso al 30-6-16 e relativo alla stagione 2015-16, quella scorsa chiusa al terzo in posto in D. E non c’è molto di cui sorridere per la società guidata da Stefano Fabbri, che nonostante le ripetute ricapitalizzazioni dei soci non riesce ad invertire il senso di marcia: i debiti finanziari (cioè quelli verso le banche) sfioravano al 30 giugno il milione e trecentomila euro. Sommati ai debiti tributari, a quelli debitori e alla categoria ‘altri’ i biancorossi arrivavano a quasi due milioni di euro di debito, per l’esattezza 1.950.515 euro. Da quando è rinato dalle ceneri olivetiane (2007) mai il Forlì calcio era piombato in una crisi economica di tali preoccupanti proporzioni.

E pensare che la stagione della serie D aveva portato, rispetto al ‘sanguinoso’ anno precedente, un miglioramento almeno dal punto di vista del conto economico: ridotte drasticamente le spese per l’assenza dei contributi sui contratti dei dipendenti calciatori compresi, la perdita per il Forlì a fine stagione era stata di solo 68mila euro a fronte dei 482 di rosso fatti segnare nel primo anno di Fabbri, quello di Pedroni, Rossi, Menegatti, Vanigli e Firicano concluso con retrocessione al termine dello spareggio con la Pro Piacenza.

Ma è sul lato finanziario patrimoniale che il bilancio chiuso a giugno dal Forlì fa davvero paura. Il 2015-16 ha fatto registrare infatti un netto peggioramento dei conti biancorossi: la ricapitalizzazione decisa dai soci (il bilancio 2015 aveva chiuso con un patrimonio netto negativo per 91mila euro) è risultata comunque insufficiente: oggi il patrimonio netto (ossia i soldi che hanno messo i soci) rappresenta solo il 3,4% del capitale investito. Il rimanenti 96,6% è composto da debiti a breve o lungo periodo.

In particolare pesa il milione e trecentomila euro di debiti finanziari, che tradotti sono in gran parte i mutui con le banche: 300mila euro alla Banca di Forlì, 824mila alla Cassa dei Risparmi di Forlì e della Romagna. Una cifra spropositata se confrontata col valore della produzione della società di viale Roma (vedi tabella conto economico sopra), che risulta addirittura più basso.

L’aumento dei mutui nell’ultimo anno è dovuto in gran parte ai nuovi finanziamenti accesi per le spese di manutenzione straordinaria dello stadio Morgagni, dell’antistadio e del centro sportivo di cui il Forlì ha ottenuto dal Comune la gestione per 15 anni e in cui la squadra calcistica disputa le proprie gare interne (ma non gli allenamenti: per quelli, volontà di mister Gadda, il Forlì paga curiosamente l’affitto al Meldola). Un lotto di interventi che avrebbe dovuto, immaginando i piani dei soci, rilanciare tutta l’area a suon di ristorazione, eventi e campi affittati. Finora però i risultati sono scarsi per non dire catastrofici: il bar non è mai decollato, lo sbandierato ristorante non ha neppure aperto (in compenso sono spariti due spogliatoi, e adesso al Morgagni ne restano solo due), i campi non sono pubblicizzati né gestiti in alcun modo. La domanda è: cosa aspetta il Forlì a mettere in utile un’area che potenzialmente potrebbe essere – e le alternative non sono poi molte – la sua unica àncora di salvezza?