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E quindi alla fine Daniele Melandri ha scelto il Fano. Il Micio diventa per la prima volta un avversario vero per il Forlì, a differenza dello scorso anno quando con la maglia del Parma partecipò all’altro campionato, quello disputato e vinto in solitaria dalla squadra di Apolloni. Non mette il buonumore vedere il terzo attaccante più prolifico nella storia del Forlì (46, Petrascu 54, De Lorenzi 66) con la maglia di una delle rivali storiche della società biancorossa, il Fano, e già dalla foto che immortala la presentazione con l’altro ex, il diesse Menegatti, viene voglia di cliccare start-arrestailsistema. Ma perché finisce sempre così, nel calcio?

A 28 anni l’attaccante di San Zaccaria riparte dal fondo della Lega Pro dopo aver monetizzato a Parma (12 gol in D l’anno scorso) i quattro intensissimi anni forlivesi. “L’ho preso perché è un bravissimo ragazzo e perché è forte, attacca benissimo la profondità, ha spunto nell’uno contro uno ed è implacabile vicino alla porta. A noi uno così serviva proprio” racconta a Pdv il diesse del Fano. E gli si crede: Melandri è un attaccante perfetto da contropiede: annusa gli spazi, sterza come pochissimi altri e ha ormai acquisito una freddezza sotto porta che non aveva nei primi anni in biancorosso. Quelli più belli, a ripensarci. Quelli in cui insieme a Petrascu, nel 4-3-3 di Bardi, faceva un po’ quello che gli pareva.

43 gol in due, 2011-12 nella D vinta a Scandicci

La storia tra Melandri e il Forlì è stata bellissima, intensa, felice. Arrivò da Russi a 22 anni e la scintilla scoccò subito. 18 gol in D la prima stagione, 28 nelle tre seguenti tra i professionisti. Bardi ci mise un po’ a decidere che il suo ruolo non era sull’esterno sinistro ma in mezzo: attaccante centrale immarcabile quando Evangelisti, Sozzi o Balestra trovavano il timing per buttare la palla alle spalle della difesa. Venne sacrificato addirittura Petrascu sull’esterno (e chiedere al terzino Sabato quanto il romeno fosse portato al ruolo). Sul suo scatto il Forlì ha costruito due-tre stagioni indimenticabili. Poi successe che a gennaio del 2015 la Spal mise gli occhi su di lui e un ingaggio pesante sul piatto. E il giochino – nella sua testa, prima che in campo – si ruppe.

Era fatta. Quasi

Melandri voleva andare, il Forlì si doveva salvare. Con scarsa lungimiranza la società biancorossa mandò Pedroni a Milano l’utimo giorno di mercato bloccando una cessione che sembrava inevitabile: “Melandri non si vende”. Su indicazione di Fabbri il Dg biancorosso respinse varie proposte tra le quali quella più interessante comprendeva il prestito di Mattia Finotto, allora 23enne, l’anno seguente attore protagonista della cavalcata della Spal. La decisione del Forlì fu doppiamente sbagliata: non arrivò un giocatore fortissimo mentre Melandri, scontento e frustrato, disputò un girone di ritorno orribile. Il Forlì retrocesse e in quel marasma pure il rapporto tra Melandri e parte della tifoseria biancorossa perse calore.

Il 26 marzo Melandri tornerà per la terza volta da avversario al Morgagni, stavolta vestito di granata, stavolta antagonista di una sfida che probabilmente peserà moltissimo nella lotta salvezza. Dall’altra parte però ci sarà Davide Succi.

(e poi non è vero che nel calcio finisce sempre così. Giusto, Kalle?)