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Con le trasferte di Mantova e
Bologna archiviate, e come da previsione zero punti portati in Romagna,
l’Unieuro si prepara ad ospitare Imola in un derby di vitale importanza per
entrambe: Imola si trova a 10 punti, Forlì è a quota 8, al penultimo posto in compagnia
di Ferrara e Chieti impegnate rispettivamente a Verona e Ravenna, due campi
dove difficilmente strapperanno punti. Per Imola quindi è un’occasione d’oro
per distanziare ulteriormente le zone calde della classifica, Forlì in un colpo
solo potrebbe agguantare Imola e prendere una salutare boccata d’aria fuori
dalla zona playout.

Con Blackshear ancora a secco di
allenamenti per la PF2.015 non ci sarà altra opzione che proseguire sulla
strada mostrata per tre quarti abbondanti nell’ultimo turno di campionato:
intensità, circolazione di palla rapida e coinvolgimento di tutto il quintetto.
Se la gara di Bologna è stata classificata come non competitiva quella di Mantova ha lasciato una delusione urticante ma anche un
cauto ottimismo. E’ ormai una certezza che il pressing a tutto campo sia come
la kriptonite per Garelli e i suoi ragazzi: esattamente come a Piacenza la
difesa allungata ha mandato in tilt l’attacco della PF 2.015, che è stata
rimontata due volte da un vantaggio in doppia cifra e superata in vista del
traguardo. Perdere così fa imbestialire anche il più calmo dei tifosi ma
l’Unieuro ora deve cancellare quell’orrido ultimo quarto, aggrapparsi a quanto
(tanto) di buono fatto nei primi tre e agli 85 punti messi a referto, miglior
prestazione offensiva della stagione, resa ancora più significativa da un
avversario che di norma concede poco sul proprio campo.

La PF 2.015 ha chiuso con il 46%
dall’arco e prodotto un primo tempo con percentuali da favola, non una mera
casualità ma risultato di una grande continuità nell’esecuzione offensiva e
nella circolazione di palla. Quella di Mantova è stata insieme ai trenta minuti
visti contro Ferrara la Forlì più bella della stagione. Tutto merito di Reati?
L’ottimo l’esordio dell’esterno ha certamente contribuito ma non spiega da solo
il mutamento di atteggiamento della squadra, la cui ‘causa’ principale è
sembrata essere proprio l’assenza di Blackshear. Avere l’americano di punta
fermo a bordo campo è un grosso problema per la maggior parte delle formazioni
di A2, non è così per la PF, almeno a giudicare da quanto visto a Mantova. Fare
a meno del primo terminale offensivo ha costretto gli altri ad assumersi
maggiori responsabilità, il che si è tradotto in maggior pericolosità e
imprevedibilità, vera chiave della prestazione.

Troppe volte in questa stagione
abbiamo visto una Unieuro passiva in attacco in attesa delle iniziative
offensive dell’uomo da Louisville o di Vico, atteggiamento che, statistiche
alla mano, è risultato deleterio per l’efficacia offensiva. Unendo i puntini
fra Ferrara e Mantova viene da pensare che la squadra si sia un po’ seduta con
il passare delle gare, demandando troppe responsabilità sulle spalle di quei
giocatori che per carattere (Vico) o stipendio (Blackshear) non potevano
tirarsi indietro. Non pensiamo che Garelli abbia preso Blackshear per farne il
Roderick della situazione ma se così fosse avrebbe commesso un grosso errore:
Blackshear non è il tipo di giocatore che ama monopolizzare il pallone e
costruirsi un tiro in totale autonomia dal resto della squadra. Può farlo, ma
non con la continuità ed efficacia che Garelli e la squadra sono sembrati
aspettarsi da lui. Il basket di Blackshear è stato plasmato dagli inflessibili
sistemi di Rick Pitino a Louisville, in cui gli egoismi e le giocate
‘ignoranti’ non vengono tollerati granché. E’ dunque paradossale chiedergli di
fare “l’americano” e aspettarsi un gioco offensivo che produca ad ogni possesso
punti in autonomia: semplicemente non è il suo basket. La lezione da apprendere
dalla trasferta lombarda è fin troppo chiara: è importante recuperare il
miglior Blackshear a patto che questo non intacchi la distribuzione delle
responsabilità offensive, altrimenti l’attacco tornerà ad essere troppo lento e
prevedibile.

La situazione Garelli Chi ha scelto Blackshear? Chi manda in campo lui ed i suoi compagni, chi dovrebbe dare gioco e identità? Domande ricorrenti nel tiro al bersaglio su Garelli, lo sport del momento a Forlì. Lasciando da un lato simpatie, antipatie e ammennicoli vari bisogna ammettere che i dati oggettivi (bilancio vinte-perse) non concedono interpretazioni di sorta. Ora che il roster è stato rinforzato con un giocatore di spessore per la categoria, per il quale è stato necessario uno sforzo economico rilevante, non è c’è più spazio per sbroccate e scuse di vario genere, bisogna semplicemente iniziare a vincere. Fra i tifosi c’è la convinzione quasi dogmatica che Garelli sia inamovibile in quanto socio/allenatore, ma la sua posizione in caso di sconfitta con Imola sarà molto più che traballante. La firma biennale di Reati rappresenta la volontà della società di iniziare a programmare la prossima stagione e la sottolineatura di un concetto: la serie B non rientra nelle opzioni disponibili. Garelli è uno dei soci, certo, ma questo non significa credito illimitato: davanti c’è Imola, da vincere senza se e senza ma, tre giorni più tardi ci sarà la trasferta a Chieti, due sconfitte segnerebbero senza ombra di dubbio il punto di non ritorno.