La caterva di fischi che ha accompagnato l’uscita dal campo della Pallacanestro 2.015 al termine della sconfitta contro Imola ha sancito la fine della luna di miele iniziata due estati fa con la nascita della nuova società post Boccio. Il lungo viaggio sentimentale che ha riportato in A2 il basket forlivese è finito ufficialmente il 26 dicembre 2016, in un derby di Santo Stefano che ha mostrato plasticamente (Blackshear che fa cyclette con l’espressione di Spalletti alla festa di Totti, Garelli travolto da perculanti applausi quando rimette Crockett) le contraddizioni sotto le quali è rimasto schiacciato un progetto che aveva quasi tutto per essere, per la prima volta dopo tanti anni, davvero vincente e futuribile.
La promozione in A2 al primo tentativo ha indicato che si stava procedendo nella direzione giusta. Esaurita l’inerzia però la società non è riuscita a liberarsi dalle secche del dilettantismo e la macchina ha continuato a viaggiare in prima, incapace di cambiare marcia per tutta la scorsa estate e poi durante questo inizio di campionato. Nonostante la spinta di un pubblico pazzesco, le disponibilità economiche e l’orizzonte di una stagione pubblicamente definita di transizione, il motore dell’Unieuro si è inceppato. E adesso uscire dall’impasse non sarà semplice.
La piazza invoca compatta l’esonero di coach Garelli, il quale in tutta risposta al termine della nona sconfitta nelle ultime dieci si è imbullonato alla panchina con parole molto forti.
Ma se la posizione del tecnico era prevedibile, magari non nei toni ma certo nei contenuti, decisamente più rumoroso è il silenzio della società che ormai da settimane non trova il modo di inserirsi – confermando Garelli, multando Garelli, esonerando Garelli, difendendo Garelli – in una dialettica che oppone in maniera progressivamente sempre più violenta il tecnico a gran parte della piazza. Il piccolo pisello, di cui qui su Pdv parliamo da settembre, in tre mesi è diventato un cocomero. E una situazione che si poteva risolvere in estate semplicemente chiarendo le cose, ora rischia di spaccare a mezzo la società con conseguenze non pronosticabili. Dejavù?
Le due quote su undici con le quali il coach ha partecipato alla nascita della Fondazione in realtà non determinano la sua permanenza ad libitum sulla panchina di Forlì. Raffoni, per dire, è ugualmente socio ma non ricopre alcun ruolo operativo all’interno di Pallacanestro 2.015. Ergo, se Garelli avesse deciso di dimettersi avrebbe potuto continuare a prender parte alle assemblee della Fondazione, restando all’interno del progetto semplicemente senza averne più la responsabilità tecnica. Ma così evidentemente non è stato e non sarà per il resto della stagione. E ora lo scrollone – che dall’esterno sembra davvero necessario anzi impellente – deve arrivare da sopra. Dal diesse Giroldi che, nel caso, dovrà avere la forza di liquidare quello che a tutti gli effetti resta un suo superiore. O da una società che per la prima volta in un anno e mezzo è chiamata a forzare il proprio motore, rischiando magari di perdere qualche pezzo pur di riprendere velocità. Nello sport succede: non è una tragedia.
All’orizzonte infatti si stagliano altre salite e altre decisioni difficili: due trasferte (Chieti, Ferrara), una classifica sempre più complicata e soprattutto il mercato. E’ evidente che in queste ore i soci di Pallacanestro 2.015 stanno vagliando tutte le possibilità, mediando posizioni e procedendo a chiarimenti che erano necessari ormai da troppo tempo, aspetto medico compreso. Rossi ad esempio potrebbe convincersi che il cambio in panchina è davvero necessario, come tante altre volte nei suoi 25 anni di presidenza Lugo. Perché la riconoscenza è un valore fantastico ma non sufficiente: non si retrocede per riconoscenza.
Aspettiamo fiduciosi: il progetto Unieuro non può incartarsi alla prima vera difficoltà.