“Quanto verde tutto intorno e ancor più in là, sembra quasi un mare d’erba e leggero il mio pensiero vola e va, ho quasi paura che si perda…”.
E vai col classico, anzi col “classicone musicale” per antonomasia. Ma sì, facciamolo… D’altronde cosa c’è di più ovvio e immediato, qual è l’esercizio più praticato, diffuso tra tutti i giornalisti e tifosi dopo ogni prima uscita di precampionato se non giudicare ciò che invero sarebbe (ed è) totalmente ingiudicabile? Cosa c’è di più classico che fare volare il pensiero verso i lidi della stagione sino a farlo perdere nell’immaginare la squadra che tra un mese sarà, quella che tutti vorremmo fosse e quella che, al contrario, ciascuno di noi non vorrebbe mai vedere ma che dopo i 40 minuti più inutili di tutto un anno, è invece il chiodo fisso che ci martelliamo tafazzianamente in testa?
Niente, non c’è nulla di più normale che lasciarsi cullare dalle “Impressioni di (quasi) settembre”. Quelle che vogliono dire tutto e niente. Quelle che da forlivesi siamo abituati a prendere con le pinzone da meccanico perché nella storia recente abbiamo assistito a precampionati con zero vittorie zero e inizi di stagione sorprendenti in positivo (vedasi la Fulgor Libertas 2013-2014, quella che poi comunque retrocesse ma nel girone d’andata scattò più che bene per il suo livello) e al contrario super preseason dove si sarebbe battuto persino il Cska Mosca se avesse avuto il coraggio di cimentarsi contro Gordon e Licartovsky e alle prime palle a due ufficiali… presi noi a pallate.
Ecco, pensare a cosa sarà la Pallacanestro 2.015 in A2 dopo il primo test con Imola a 9 giorni dal raduno è poco più che un esercizio di stile. Ma la curiosità di vedere crescere questa squadra è tale e tanta che non stiamo nella pelle e allora come la PFM lasciamo perdere il nostro pensiero in un mare d’erba e cerchiamo di capire cosa potrà essere questa squadra.
Per analizzare il non analizzabile c’è un solo modo… Mi perdonerà Riccardo Fantini, padre e padrone di questi sito ma…. io sono milanista (che coraggio fare coming out in questa estate 2016) e da buon rossonero ho il mio cult personale: le “Pagelle che non lo erano” della mia pagina Facebook di riferimento, ComunqueMilan (il titolo dice già tutto di come ci sentiamo noi tifosi in questi anni…).
E allora pagelliamo senza pietà la prima amichevole dell’anno e facciamolo, nello stile della pagina che vi ho appena citato, scegliendo un tema. Quale? Troppo facile… Anche qui andiamo col classico: Olimpiadi, of course.
Michele Ferri: PENTATHLON MODERNO
Domanda: prima di continuare a legge sapreste dire su due piedi quali siano i cinque sport di questa disciplina? Vi pago da bere…
Dai, ve lo dico io: tiro con la pistola, nuoto, equitazione, scherma, corsa campestre.
E cosa ci sarebbe di “moderno”? Niente. Il Pentathlon è lo sport vintage per antonomasia, è qualcosa d’altri tempi, è quello sport in cui chi lo pratica te lo immagini camminare per il villaggio olimpico in smoking, come fosse Daniel Craig in 007. Però, come avrebbero detto i miei genitori con la loro fissa che mi ha turbato per tutta l’adolescenza “è uno sport completo”. Anzi, è lo sport completo per definizione.
E basta vedere Michele Ferri, bastano i suoi primi 5 minuti contro la classica guardietta americana (Cohn) per immaginarmelo novello Daniele Masala. Il “sale e pepe” in testa, la classica regia che di sale (in zucca) ne ha tanta, andatura da chi nelle cuffie ascolta Sting e non Jay-Z e poi… Zac… Sono suoi i primi punti non ufficiali della stagione, sono sue le prime zampate che ti sorprendono quando meno te lo aspetti. Con l’eleganza di una prova di dressage, con il passo cadenzato e ritmico di una corsa che non tentenna, con la stoccata fulminea di uno sciabolatore. Sì, Ferri nel Pentathlon avrebbe il suo punto di forza nella scherma. Sarà un play vintage per l’A2 che guarda alle “combo” e ai “millennials”, ma Garelli lo metta in una teca di cristallo perché un campionato vincente lo si fa con chi pratica i classici “sport completi”.
Sebastian Vico: CARABINA 3 POSIZIONI
È quella che conosciamo solo grazie a Niccolò Campriani e ciò nonostante siamo ancora qui a chiederci quali caspita siano ste “3 posizioni”.
Seba Vico potrebbe esserne un valido antagonista perché sappiamo benissimo che la freddezza del cecchino non gli manca, che nei tiri decisivi colpirebbe un moscerino a dieci metri di distanza e che nel gioco di Garelli era e resta quello che dovrà crivellare la retina da… 3 posizioni. Quali? Boh… Non importa. Che lo faccia da fuori, in entrata o dalla lunetta aggirandosi le ruvidezze avversarie, l’importante è che lo faccia perché la filosofia tra B e A non cambia e lui sarà il leader designato. Anche più di Blackshear, fidatevi. Contro Imola sono sue 3 delle 5 triple a bersaglio dei biancorossi. Non a caso. La prima punta, il tiratore più affidabile, “la carabina”.
Wayne Blackshear: CICLISMO – OMNIUM
Non ci azzardiamo ancora a paragonarlo a un decatleta, ma sarà l’Elia Viviani della Pallacanestro 2.015. Resistenza, velocità, la tattica della “corsa a punti”: l’ex Pistoia può fare tutto bene e, sicuramente, tutto farà. Tranne tirare da fuori a meno che non lo si costringa e lui non capisca che gli toccherà prendersi più responsabilità dall’arco per dare respiro a Vico (che ne avrà bisogno). Già contro Imola si è visto: non si ricordano suoi tiri dalla distanza, ma uno arrivato giovedì mattina dagli States e sabato già capace di essere il migliore realizzatore con il serbatoio vuoto, è grasso che cola.
Può gareggiare per essere Mvp del campionato? Si, può. Perché il suo primo passo nessuna ala piccola può contenerlo e, una volta battuto l’avversario, al ferro ci arriva sempre e comunque. In più fa già capire di potere creare gioielli per i compagni dando alla partita scosse adrenalina che come fosse un defibrillatore. Tutto dipenderà da lui e da come interpreterà il “declassamento” in A2. Se lo somatizzerà come una bocciatura per Forlì saranno dolori e per lui un vicolo cieco dal quale potrebbe anche non uscire, se lo vivrà come la migliore vetrina possibile, saranno dolori per tutti gli altri.
Jaye Crockett: PALLANUOTO
In questo sport 8 società su 10 si chiamano… Rari Nantes. Ma sapete cosa significa?
È una locuzione latina – Rari nantes in gurgite vasto – ed è il quadro che Virgilio presenta nella descrizione del naufragio arrecato alla flotta troiana di Enea dalla dea Giunone, in cui alcuni dei suoi compagni si ritrovano in mare, soli e dispersi tra le onde e il fasciame divelto di navi ormai affondate (cit. Wikipedia). Si utilizza anche per sottolineare la sparutezza di un gruppo di persone che appaiono confuse all’interno di una massa numerosa di gente.
Ecco, in realtà nella pallanuoto questa locuzione è letta come “nuotatori scelti”, ma Crockett appartiene ancora alla traduzione letterale… Un pesce fuor d’acqua. O almeno ancora fuor d’acqua. O almeno così sperano tutti i forlivesi la cui prima impressione destata dal proprio “4” titolare è stata decisamente dimenticabile.
È un grillo? Lo si è dipinto così. Ci ha ricordato più che altro un’anguilla. In difesa sguscia e scivola su chiunque. Ali grandi, ali piccole, persino guardie… Può difendere su tutti e questo manda in visibilio un coach come Garelli. La voglia di fare è debordante ma in attacco? Leggerino… Di certo non alto per il ruolo… E quindi? Dove non va di potenza deve andare di agilità e sfruttando un tiro dai 4-5 metri che nella prima uscita ha sempre sbagliato. Risultato: per ora ininfluente, un rari nantes, appunto. Garelli dovrà costruirgli una dimensione in quel mare dove ancora si perde e farlo presto.
Paolo Rotondo: CANOA SLALOM K1
Abbiamo parlato di classici, non di “scontato” e paragonare al pugilato lui, che da settembre a maggio è stato il sacco delle botte dei tifosi forlivesi sarebbe troppo facile.
Allora a vederlo obiettivamente in difficoltà contro Maggioli e Borra ci ha ricordato “quelli della canoa”. Sì, ma quelli che slalomeggiano tra le porte delle finte rapide create artificialmente ad ogni olimpiade. A vederli pagaiare ci chiediamo come facciano ad arrivare al traguardo: acqua in faccia a secchiate ad ogni curva o discesa, porte da centrare risalendo la corrente in salita con uno sforzo che sembra sempre disumano, porte tra l’altro da non toccare mai altrimenti ti penalizzano… Il tutto pagaiando il più velocemente possibile tra le (finte) rocce. Insomma… una faticaccia.
Ecco, in A2 per Rotondo sarà una faticaccia, ma a quel traguardo, controcorrente, ci è arrivato da vincitore assoluto a giugno. Faticando, prendendosi secchiate di insulti ogni domenica, ma ci è arrivato. Perché non dovrebbe riuscirci ancora?
Simone Pierich: GETTO DEL PESO
La grande arma dell’ala goriziana? Il tiro. Preferibilmente da tre punti. Lo conosciamo bene a Forlì, sappiamo quanto valga e quanto tenga a questa sua seconda reincarnazione biancorossa. Vediamo, però, come al momento sia atleticamente il più indietro di tutti, il più appesantito.
Poco male, può tirarsi a lucido quando vuole (anche se i maligni ne tirano fuori la carta d’identità che io, invece, gli invidio e storcono il naso) e allora quel tiro che oggi è corto e pesante come il getto del peso dalla pedana dell’atletica, potrà tornare efficace e preciso. Come quello di Michele Antonutti che, non a caso, era uno dei due “4” al fianco di Blackshear nella bella Pistoia dello scorso anno. Se sarà così, allora gli cambieremo volentieri sport con il Tiro con l’arco.
Come dite? Ora è cicciottello? Si, ecco, appunto. Tiro con l’arco…
Francesco Infante: JUDO
Lo guardo e penso di essere davanti alla tv a rivedermi l’ennesima replica di Robocop. Lo immagino con addosso la corazza da “quarto millennio” sferrare un fendente di ghisa e stendere il ladruncolo di turno. Poi mi risveglio e mi rituffo nello sport, ma come sempre volo di fantasia e lo ritrovo cambiato con addosso lo Judogi blu sopra un tatami mentre qualcuno cerca di tirarlo giù per terra e lui non si sposta di un millimetro.
La sua prima impressione a Forlì è questa ed è più che buona. Al sottoscritto piacciono i lunghi con pochi fronzoli, forse anche con poca classe, ma che picchiano duro, in attacco ci vanno decisi e in difesa saranno immobili, ma poi vai a spostare una roccia… Lui è così e servirà. Vi ricordate il Poletti che beneficiava della presenza di Huff e Jones al fianco. Ecco…
Francesco Paolin: BMX
Perché lui è il nuovo e questo sport alle Olimpiadi ancora non se lo fila nessuno come forse le avversarie all’inizio poco si fileranno lui. Però è lo sport giovane per giovani e su quelle microbici scheggiano da paura come può fare lui che, per ora, da bravo scolaretto un filo scapestrato ma intelligente e diligente, si mette in mostra forse volutamente “pedalando in difesa” e dimostrandosi bello appiccicoso e “ignorante”, ma che quando avrà imparato a capire come è la pista, beh… allora siamo certi che anche in attacco volerà via come il bambino di E.T. verso la luna su quel piccolo sellino. Ha tutto per farlo, bisogna dargli tempo. Per ora fa vedere a Garelli che sa difendere. Anche furbo il ragazzino…
Davide Bonacini: RUGBY A 7
Sino alla fine sono stato indeciso, volevo assegnargli i tuffi… Sì, perché di sfondamenti se ne prende e se ne prenderà parecchi. D’altronde è qui per quello, no?
Beh… No. O almeno, non solo. Perché Forlì ha un solo play vero, Ferri, e in A2 è poco. Bisogna che oltre alla barba di cui si è dotato questa estate, lui doti la Pallacanestro 2.015 della capacità di gestire la squadra, cambiandone ritmo alla bisogna, per 8-10 minuti a domenica. In pratica la durata di una partita di rugby a 7… Quelle che le vedi alle Olimpiadi, che iniziano e che non fai in tempo a renderti conto che le stai guardando che sono già finite… In quei 20 minuti (cifra sparata volutamente a caso) che sembrano però 20 secondi, i giocatori di rugby a 7 corrono come degli indemoniati, si tuffano per terra, si rialzano, volano verso la meta come in un contropiede verso il canestro, danno in campo tutto il loro concentrato di energia. Speso in quelli che sembrano 20 secondi, ma speso tutto. Come ci ha già fatto capire farà Bonacini. Perché se non lo fa, a che serve averlo confermato?
Iba Koite Thiam: SALTO IN ALTO
Troppo facile, lo ammetto. Però, caspita, il fisico è proprio quello… Quello di quegli atleti tutto nervi e gambe chilometriche, che prendono una rincorsa lunga con falcata da cavallo imbizzarrito e poi scavalcano un’asta elle che a vederla lassù a me mette solo i brividi. Thiam può saltare tutte le asticelle che vuole e se una stagione fosse fatta solo di amichevoli, allora nella mia squadra ci sarebbe sempre e giocherebbe spesso.
Però ancora è un saltatore in alto che usa la tecnica “ventrale”, il Fosbury deve ancora assimilarlo bene in ogni sua complessa sfaccettatura e dinamica per potere saltare 2.40 anche in serie A2. Tanta roba lo è, va affinato e se Forlì scegliesse di darlo in doppio tesseramento, magari in una C Gold vicina, farebbe bene. Verrà fuori, con pazienza.
Gigi Garelli: 400 METRI OSTACOLI
Quanti erano i passi di Edwin Moses tra un ostacolo e l’altro? Erano 13, li faceva solo lui all’epoca… Vabbè non divago, però ho sempre amato questa disciplina poche è velocità, una apnea in velocità, e tecnica al tempo stesso e un allenatore in fase di preparazione è chiamato ad affrontarla. Deve correre per dare un’impronta alla squadra e deve farlo saltando più di un ostacolo sul suo cammino. Beh… non solo in preparazione, ma lungo tutto il campionato, ma se ti chiami Garelli e sei a Forlì la corsa ad ostacoli è la metafora delle metafore. Perché sarà così, perché non può che essere così.
In più ci sono due considerazioni tattiche che avvalorano il paragone (e qui provo a farmi serio). Prima: questa Forlì deve correre, è nata per farlo ed è strutturata per farlo esaltando le doti dei suoi singoli interpreti. Seconda: ci sono ostacoli da superare.
Quali? Questa squadra è l’incarnazione del Garelli-pensiero ma in un campionato che si annuncia di altissimo livello. È una squadra duttile, con giocatori intercambiabili, senza one man show, potenzialmente organizzatissima ma teoricamente leggera, con Crockett che va messo in condizione di essere un fattore che da solo non può diventare, con due pivot sulla carta alla pari e senza gerarchie, senza un secondo play vero e con poco tiro da fuori come già l’anno scorso. Va trovata la quadra, contando i passi tra un ostacolo e l’altro da saltare. Se Garelli porterà i suoi a farne 13 tra l’uno e l’altro, allora ci si divertirà, altrimenti qualcun altro correrà molto più forte. Basta non siamo in troppi a farlo…