Settimana di ferie, metà pomeriggio in spiaggia con moglie e figli, cielo terso e luce stupenda post temporale, lettino, “due ciacare” e un libro.
Il mio corpo dovrebbe pesare “un settimo di tonnellata” alla Shaquille e invece, all’improvviso, devo alzarmi e andare.
“Dove vai?”, chiede mia moglie.
“… A dar due tiri” rispondo io.
Lei sorride…“Ok, ti aspettiamo qua”, e torna al suo giornale.
E vado, col sorriso di un bambino, a cercarmi un campetto.
Al noto Bagno di Cervia c’è un torneo con tanto di fischietto, saluto un amico in mezzo alla calca, sento nell’aria il clima tipico della situazione e penso no grazie, bello, forse una volta mi sarei buttato nella mischia ma oggi il mio mood è un altro.
E so dove voglio andare.
Voglio andare al campo azzurro, il campo che ospitò il mio primo “camp” fuori di casa, il campo della mia prima 24ore, un ricordo da Woodstock sportiva, ragazzino in mezzo “ai grandi” in tenda ad aspettare il turno di notte. I grandi… Striscio, Nino, i Douglas, il Dalla e gli altri cervesi, tutti a divertirsi in campo e fuori, fino a una memorabile finale, quella sì giocata per vincere.
Non ci sarà nessuno come al solito, penso.
Invece no, due ragazzine si allenano sul tiro e di là mi sembra facciano un discreto 3vs3.
Comincio a tirare con le giovani ma so già che finirò di là a giocare… e so anche che me le porterò dietro…
Pensato e fatto. Si gioca.
E sono felice come una Pasqua, nessuna mossa, il silenzio più totale rotto solo dal palleggio, “buon tiro” e “fallo mio” le uniche concessioni alla parola.
Un 30, poi un altro e poi la bella.
Per vincere, finendo con una risata e tutti alla fontana.
Come quando, a dieci anni, ti ritrovi con questo virus inoculato che non andrà più via.
“Ma tu hai giocato, si vede. Giochi ancora?” mi fa una delle ragazzine.
“Io? Sì, tanti anni. Certo che gioco ancora”.
“Dai! Dove??”
“Come dove? Al campetto!”
Ho due carriere, una , quella per vincere, è finita.
Ma sono fortunato… l’altra continua.
Al campetto!!
Buon Ferragosto a tutti gli ammalati.
<brMarcello</br