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La partita di Ferrara, se mai ce ne fosse stato il dubbio, ha confermato che per quanto vogliosi di lavorare e preparati gli allenatori non fanno canestro, né hanno pozioni o bacchette magiche per trasformare quella che al momento pare una zucca, con preoccupanti segni di decomposizione, in una carrozza. L’analisi post partita di Valli, lucida e tagliente come un rasoio, ci trova perfettamente allineati: la squadra ha limiti atletici e tecnici evidenti, per superare i quali ci vorrebbero massima concentrazione e cattiveria agonistica. Invece alle prime difficoltà succede l’esatto opposto: “encefalogramma piatto”.

Dimostrazione lapalissiana il secondo tempo ferrarese, in cui una Bondi lucida ad insistere sui mismatch a lei più favorevoli al primo significativo parziale della gara ha fatto affondare Forlì nelle proprie paure, da cui non è più riemersa. Per avere una misura della involuzione che attanaglia l’Unieuro basta pensare che Recanati, la stessa squadra rimontata e battuta poco più di un mese fa, ieri è stata capace di battere la Imola sul suo campo, la stessa Imola che nel giorno di Santo Stefano è sembrata una corazzata inaffondabile. Contro Recanati c’era Blackshear, vero, ma una versione a deambulazione ridotta da 11 punti e 5 rimbalzi: possibile che la differenza sia tutta lì? No, decisamente no.

Come sottolineato dal neo coach biancorosso l’unica strada possibile per uscire dal tunnel è quella del lavoro, da qui la scelta di tornare in palestra anche il giorno successivo alla partita, con il giorno abitualmente libero (giustamente) congelato. Non è detto che ciò sia sufficiente a risvegliare lo spirito combattivo. I limiti dell’organico ci sono ma l’intossicazione da sconfitta sta facendo implodere il gruppo anche da un punto di vista emotivo e mentale, con il risultato che giocatori già ‘al limite’ per la categoria rendono ben al di sotto di quelle che sarebbero le loro reali possibilità. Giunti a questo punto critico è impensabile un’inversione di tendenza senza mettere mano alla rosa, diremmo anzi senza rivoluzionarla: gli equilibri della squadra pensata da Garelli in estate sembrano definitivamente sfumati, dal momento che la pietra angolare del progetto, a meno di improbabili sorprese, non sarà recuperabile né sostituibile.

Giocatori con le stesse caratteristiche di Blackshear, al netto dei limiti imposti dal regolamento, sul mercato non ce ne sono, e mettendo in fila quelli che sono i bisogni più impellenti della PF è improbabile che l’inserimento di un solo giocatore permetterà di trovare la quadra. Se a ciò si aggiunge il fatto che Crockett si sta perdendo insieme a tutta la squadra, impossibilitato a dare un contributo tangibile e continuo, anche per proprie caratteristiche e limiti tecnici, la strada più ovvia sembra quella di sacrificare anche il saltatore uscito da Texas Tech. Non c’è dubbio che sia una scelta sgradevole, specialmente da un punto di vista umano, che penalizzerebbe un ragazzo che ha sempre messo il massimo impegno a disposizione di coach e compagni, ma da un punto di vista strettamente tecnico non ci sono molti dubbi che l’inserimento di un nuovo duo americano, complementare e mirato a correggere le lacune più gravi, sia il sistema che offre più garanzie di miglioramento.

Serve anzitutto un giocatore di forte, fortissima personalità, dotato di creatività in palleggio e punti nelle mani, in grado di guidare il gruppo, farsi carico delle paure di una truppa di italiani che sta evaporando di fronte alle difficoltà di un campionato duro e di alto livello come questa A2. Poi servirebbe un giocatore che protegga l’area verniciata, prenda rimbalzi, porti stoppate e pericolosità sulle tacche. Il mercato, raramente povero di opzioni come quest’anno, impone di guardare alla serie A: da Trento si è appena liberato Johndre Jefferson, mentre a Varese l’ex Nba Eric Maynor sembra in rotta con la società. Perché allora non ricomporre un asse play-pivot che ha fatto volare Varese due stagioni or sono?

Forse è una coppia da sogni proibiti per la derelitta Forlì, che naviga i bassifondi di A2, o forse da qui al 23 gennaio si presenteranno occasioni più adatte alle necessità di Valli. Quel che è certo è che non si può più sbagliare e alla PF servono giocatori di impatto garantito, al punto che un budget già considerevolmente ritoccato rischia di finire accartocciato e buttato nel cestino. Una scelta dolorosa, apparentemente incoerente con la regola che si è data la società, ma forse nemmeno troppo: quanto costerebbe tornare in B, dilapidare due anni di investimenti e buona parte dell’ottimo lavoro di fidelizzazione? Quanto costerebbe infilarsi per la seconda volta nella cruna di un ago chiamato serie B, che vede promosse tre squadre su 64? Decisamente troppo.