Isteria, tragedia, depressione. La Forlì dei canestri di questi ultimi giorni si può riassumere con queste tre parole. Tale è l’attaccamento allo sport più amato in città che quando le cose vanno male un temporale ci mette un attimo a diventare uragano di classe 5. Se poi sulla grandinata di triple e tiri in transizione beccata Trieste arriva, come una ventata d’aria artica, la dichiarazione sibillina di Michele Ferri, rivolta verso alcuni supporters forlivesi all’uscita dal palasport friulano, ecco che la perturbazione si ingigantisce nell’arco di poche ore, fino a spingere la lancetta del barometro biancorosso ai minimi storici.
Ferri avrebbe parlato di scarse motivazioni di qualche compagno, sordo agli stimoli del capitano. Lo spettacolo indecoroso offerto domenica scorsa (partita servita agli avversari su un vassoio d’argento in soli, incommentabili, sette minuti) va decisamente nella direzione indicata, non essendo spiegabile con argomentazioni tecniche ma facendo pensare piuttosto a grossi problemi di coesione, approccio, concentrazione. Le successive dichiarazioni di Garelli su possibili sviluppi imprevedibili hanno messo il carico da undici sulla questione. C’è un problema nello spogliatoio biancorosso? Come sempre succede in questi casi non lo si può affermare con certezza, ma al momento pare ipotesi più che plausibile. Nonostante l’intervento ‘istituzionale’ del presidente Nicosanti per riportare le cose alla normalità (rinnovata fiducia a Garelli e ai giocatori) le indicazioni di una incrinatura all’interno della squadra sembrano inequivocabili. Nel frattempo anche l’ambiente societario pare un po’ frastornato, come indica una inedita dissonanza, apparentemente lieve ma a ben vedere molto significativa, fra le due principali ‘campane’ societarie. Garelli come noto non è in una posizione comoda: non solo è la guida tecnica della squadra ma anche colui che l’ha assemblata secondo le proprie idee e le opportunità che il mercato estivo ha offerto. Progettista e pilota che al momento, per sua stessa ammissione, non sa bene come far sterzare una vettura che sta puntando decisamente fuori strada. Ha parlato esplicitamente di infortuni che sono diventati una sorta di giustificazione. Si deduce facilmente che per il coach qualcuno, forse più d’uno, non sta mettendo il massimo impegno. Se sì, a chi si riferiva?
coach, parli di lui?
Utilizzando un pizzico di logica si possono escludere i membri del gruppo 2015-16, i quali peraltro stanno facendo molta fatica Ferri in primis. Ma non sarebbe logico cercare bersagli fra coloro che possono considerarsi l’ossatura della squadra, se non altro perché sono a Forlì dallo scorso anno e il coach ha avuto modo di sondarne approfonditamente impegno e dedizione. Togliamo poi dal mazzo i due giovani, Paolin e Thiam, sia per i pochi minuti giocati complessivamente sia perché mancano di esperienza ma non certo di voglia di fare. Levando dal banco degli imputati anche l’incolpevole Simone Pierich, in campo fin qui per un totale di 37 minuti, restano Infante e i due americani.
Piacenza, bambole prima della bambola
Nel duo delle (sperate) meraviglie Jaye Crockett è quello che sul parquet non sta fermo un attimo: spesso si butta su rimbalzi che non può raggiungere, cerca sempre di rendersi utile come può e mette tutta l’energia di cui dispone. E’ uno dei migliori del campionato per valutazione media, ma soprattutto il suo atteggiamento in campo non parla di un ragazzo scollegato dal resto della squadra bensì dell’esatto opposto.
Quanto a Wayne Blackshear, più di un indizio va nella sua direzione: la stella designata (e pagata fior di dollari) domenica si è esibita in un primo quarto di oscenità assortite, fra errori al tiro, palloni gettati in prima fila e infrazioni di passi, per poi mettere insieme punti per il tabellino quando ormai la partita si era trasformata in un allenamento. Come contro Ravenna e Roseto. I sospetti aumentano tenendo conto del fatto che da Piacenza in poi, stante l’assenza di Pierich, è sembrato amministrare le proprie energie con fin troppa parsimonia. Commette errori banali e palle perse che sembrano dovute più a sua superficialità che a particolari abilità degli avversari. Mantenendo il focus sulle palle perse è singolare ad esempio che Blackshear abbia la stessa media di un’altra conoscenza forlivese, Terrence Roderick, con il quale divide il primato nella categoria. Se si considera la radicale diversità del gioco espresso dai due è un dato incredibile. Da aggiungere all’identikit c’è anche un problema al ginocchio, un’infiammazione con cui ‘Black’ convive da qualche settimana e che quadrerebbe con la ‘giustificazione’ introdotta da Garelli. Chiudo il dossier con un’impressione: quella di una certa distanza emotiva fra lui ed il resto della squadra, scollamento che si palesa in modo evidente nella fase offensiva. Tanti palloni persi dai compagni, nel tentativo di servirlo, dicono di scarsa intesa e di una sua carenza di energia nello smarcarsi, nel rendersi un riferimento costante per l’attacco. Una disarmonia tecnico/emotiva con alcuni membri della squadra che lo accomuna a Francesco Infante, ultimo ‘imputato’ ancora nella lista. Infante evidenzia in difesa problemi di intesa e comunicazione che ci si aspetta di vedere a metà settembre, non due mesi più tardi. Problemi che vengono amplificati da una scarsissima mobilità laterale e lo hanno reso involontario complice di tanti canestri facili subiti dall’Unieuro. Se è senz’altro possibile che Garelli non sia soddisfatto del rendimento del lungo pugliese, come dimostrano alcune gestioni del suo minutaggio, su tutti quello della gara contro Roseto, è quasi certo che da Wayne Blackshear Garelli si aspetti ben altro contributo, soprattutto nel coinvolgimento emotivo alle sorti della squadra. Tuttavia non è detto che a livello caratteriale il ragazzo abbia doti proporzionate a quelle fisiche. Purtroppo è un qualcosa di già visto tante volte con americani dal pedigree nobile, che considerano un campionato come la A2 italiana un’ottima fonte di guadagno e nulla più. Con influenze drammatiche su chimica di squadra e spogliatoio.
we are Forlì, right?
Gli indizi del campo portano qui: se c’è un giocatore sotto osservazione in casa Unieuro il nome dovrebbe essere uno di questi due. Forse tutti e due. E’ anche vero che aspettative (ed ingaggi) rendono la posizione di Infante decisamente più accettabile. Francesco viene dalla serie B, in cui è stato uno dei lunghi dal rendimento migliore, e un periodo di adattamento e difficoltà era stato messo in preventivo dalla società. Blackshear viene dalla serie A ed è anche uno degli americani più pagati della categoria. Due posizioni tanto diverse quanto le possibilità di intervenire qualora la società avrà intenzione di sostituirli. La situazione di Infante si presenta fluida: lo si può utilizzare come cambio di Crockett o in alternativa trovargli una sistemazione altrove (per i lunghi italiani la si trova sempre). Ben diversa è quella di Blackshear. Se la società avrà ripensamenti riguardo l’ex Cardinal non sarà facile collocare un ingaggio di quel peso, nemmeno in serie A. Non bisogna poi trascurare le regole sui tesseramenti che permetterebbero alla Pallacanestro 2.015 di aggiungere solamente giocatori extracomunitari già andati a referto nei campionati nazionali o comunitari. Nel frattempo, a dispetto delle smentite ufficiali, radiomercato gracchia di una Unieuro con il radar accesissimo, che scansiona a 360° i possibili movimenti sia nel reparto degli esterni che in quello dei lunghi. La stagione è appena all’inizio ma in serie A ci sono già diverse squadre che per svariati motivi potrebbero liberare giocatori interessanti. Anche fra gli americani.