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Giampiero Valgimigli ci accoglie nel suo studio in via Ridolfi, sono le 16 in punto di venerdì pomeriggio. Per chi non c’è mai passato: maglie di mezza serie A (calcio e basket) alle pareti con le dediche degli sportivi che ha brillantemente curato, strette di mano e sorrisi con molti tra i più importanti atleti del mondo, articoli di giornali e di riviste specializzate che grondando devozione per il dottore specialista in medicina dello sport, terapia del dolore, riabilitazione naturale non invasiva come lui stesso si definisce. Presentandosi sul suo sito web scrive anche: Sono un medico particolare. Spesso i pazienti mi dicono che ho un modo tutto mio di lavorare. Pensandoci, è proprio così perché applico un tipo di medicina conforme alla vita. Cosa significa? Quando una persona si rivolge a me, lamentando un dolore o una problematica fisica, mi preoccupo di cercarne le ragioni. Così posso giustificare il sintomo e curarlo, senza l’impiego di farmaci tradizionali.

Valgimigli, 50 anni il prossimo 28 settembre, è sposato con la gazzella di Forlì Annarita Balzani, ex atleta di livello internazionale candidata sindaco (per il centrodestra) nel 2014, dottore commercialista fresca di nomina nel consiglio d’amministrazione della Coni Servizi spa, partecipata al 100% del Ministero dell’Economia e società operativa delle attività del Comitato Olimpico Nazionale Italiano.

Due estati fa Valgimigli fondò un po’ a sorpresa i Tigers, e allora pensavamo tutti un po’ ingenuamente che in un modo o nell’altro la creatura arancionera sarebbe diventata, o magari confluita, nella nuova società forlivese di pallacanestro quando fosse dipartito lo sgorbio messo su da Boccio. Fuori strada. Il dottore va da un’altra parte.

 

Ha visto il video di Mastrangelo?

‘Certo che l’ho visto’.

E cosa ha pensato?

‘Che ha ragione. Ha ragione. Scusi io non ce la faccio a dire le balle: condivido tutto quello che ha detto, parola per parola’.

Mastrangimigli

 

Ok, ma il messaggio era: c’è una dispersione di energie, chiamiamole così, tra Unieuro e Tigers.

‘Rewind. I Tigers non sono una squadra. I Tigers sono un progetto. E qual è il progetto dei Tigers? Far giocare i giovani. Punto. E noi su questo basiamo tutto. Poi giochiamo in serie B, giochiamo in serie C, giochiamo in serie A… E’ tutto funzionale al progetto’.

Che era di far giocare i giovani sì, ma forlivesi.

‘No. Vada a vedere quello che dicevamo. Prima i giovani, poi possibilmente forlivesi. E qui arriva il vero problema: l’ultimo ragazzo forlivese professionista si chiama Frassineti. E io non posso pensare che in un bacino come Forlì l’ultimo giocatore sia Frassineti: vuol dire che c’è qualcosa da rivedere’.

Però con la serie B i Tigers diventano necessariamente qualcosa di altro rispetto al progetto di far giocare giovani possibilmente forlivesi.

‘Direi di no. Escludendo i ragazzi, i dieci della prima squadra hanno una media di 23 anni più un maestro che è Romba. Con lui arriviamo a 24 e mezzo. Le quattro guardie sono ‘94, ‘95, ‘96 e ‘97. I nostri due play sono un ‘94 e un ‘95. Una serie B con 23 anni di media è quello che cerchiamo. Il sogno è di avere in quei ruoli e con quelle età dei ragazzi di Forlì, per questo abbiamo messo in piedi le altre due piattaforme: una Prima Divisione e una Uisp’.

Lei era il medico della società al tempo di Boccio. Lì si si è reso conto che ‘quella’ roba non sarebbe durata, e allora ne ha fatto un’altra.

‘Bravissimo’.

Con l’ex General manager FulgorLibertas Ario Costa

 

Poi però quando è nata quell’altra cosa là… C’è stato qualcosa, lei e Garelli vi siete visti o no?

‘Assolutamente sì’.

Però?

‘Non posso dire’.

Però capisce che quello che manca nel puzzle è esattamente quel pezzo lì.

‘Io con Gigi ho un’amicizia che va avanti da 25 anni, ci conosciamo dai tempi in cui ero il suo medico a Lugo in C, col povero Zanni eccetera. Io e Gigi ci siamo parlati, sì, ma solo io e lui. In amicizia’.

Andiamo al punto? Questa Pallacanestro Forlì ha un legame molto stretto con l’amministrazione comunale.

‘Beati loro’.

E’ questo che ha generato la distanza?

‘La cosa carina è che io non ho parlato con nessuno dell’Unieuro e nessuno dell’Unieuro ha mai parlato con me. Siamo due cose completamente diverse in cui ognuno la vede probabilmente a proprio modo. Poi cosa mi aveva chiesto?’.

Della distanza politica.

‘Da parte mia è molto semplice: a me piacerebbe avere un’uguaglianza di trattamenti, non sempre è possibile, accetto quello che mi viene dato’.

Paolo Ragazzini, mosca bianca anzi arancionera in Municipio

 

Tipo giocare al Pala Dimensione Vending con 99 spettatori massimo.

‘Mi hanno detto che a Forlì non c’era posto per noi. Il primo anno c’era posto, il secondo no, il terzo fortunatamente c’è di nuovo’.

Non dev’essere neppure facile.

‘Restiamo aggrappati all’idea. Molti mi chiedono “Giampiero, ma chi te lo ha fatto fare? Ci rimetti energie, tempo, denari…”.’

E lei cosa risponde?

‘Sa come sono nati i Tigers? In spiaggia. Stavo leggendo un libro e c’era questo sondaggio: su 30 malati di tumore, terminali a pochi giorni dalla fine, tutti e 30 hanno messo come primo rammarico la stessa cosa: di non aver fatto quello che volevano fare, ma quello che gli altri volevano che loro facessero. Io fra un mese compio 50 anni, quando lessi quel libro ne avevo 48, mi sono detto: e io come sono messo? Famiglia bene, lavoro bene. Ma c’è una cosa che mi piacerebbe veramente? Sì, c’è: far capire quanto lo sport serva nella vita. L’obiettivo nostro non è vincere, l’obiettivo è crescere’.

14 marzo 2015, festa

 

E intanto però avete comprato dei titoli.

‘Il progetto era triennale. Il primo anno serviva la squadra: prendemmo il titolo di Guercino. Il secondo le giovanili: anno scorso con un po’ di fortuna avevamo Under 20, 18, 16 e minibasket. Quest’anno abbiamo messo su una squadra in più, abbiamo gli allenatori, un preparatore atletico che segue dall’Under 13 alla prima squadra… poi viene la gente a chiedere di iscriversi e non abbiamo le palestre. Non sappiamo dove metterli’.

Squadra, giovanili e poi? Nel terzo anno la serie A?

‘Ora ci costruiamo la casa. Entro fine anno sarà pronta’.

Perché a Castrocaro?

‘Perché a Forlì mi hanno detto che non c’era posto’.

A che punto siete?

‘Stiamo facendo il progetto di un palazzetto per le giovanili’.

Ma l’aspetto identitario rispetto alla città di Forlì, a cominciare dai colori arancio-nero fino a Castrocaro, non le interessa proprio?

‘Questa è una finezza. Qual è la prima squadra di Forlì? La Becchi. Colori? Arancione e nero. Poi dopo la gente si colora di bianco e di rosso’.

Bang.

‘Quest’anno noi ci siamo trasformati da “Tigers basket 2014” con sede a Meldola a “Tigers Forlì srl” con sede a Forlì. A Meldola c’è la casa di mia mamma e quindi nella conduzione familiare dei primi passi era un passaggio banale. Poi siccome ci identifichiamo in Forlì siamo venuti a Forlì. Nonostante quest’anno ci fosse un’offerta da una provincia qui vicina che mi dava veramente tutto. Tutto. Ma i Tigers sono di Forlì’.

Col palazzetto a Castrocaro.

‘Sono sei chilometri. In una città sei chilometri è come dire niente’.

Quanto costa la stagione?

‘Abbiamo fatto un’indagine sulla serie B dell’anno scorso e poi abbiamo stanziato il budget più basso possibile per poterla fare, che è di circa 200mila euro. Investendo sull’allenatore: Di Lorenzo ha un contratto triennale che per noi è tanta roba’.

Valgimigli e DiLo, Giardini Orselli

 

Perché?

‘Perché il pesce puzza sempre dalla testa. E allora c’è il presidente con 23 persone che lavorano, poi staff tecnico importante. I giocatori poi si trovano, non è quello… Sulle 64 squadre di B tutti gli allenatori hanno un contratto annuale tranne due biennali e tre triennali: lui, uno che non ricordo e Pansa, quello che l’anno scorso ci ha quasi eliminati ai playoff’.

Ci?

Ma io ero a Montecatini. Io sono forlivese! Potevo portare i Tigers fuori ma ho rilanciato qui a Forlì. Non ci sono mai state frizioni né da parte mia né da parte della dirigenza dell’Unieuro. Mai’.

Quindi quello che manca è che vi incontriate per caso al bar.

‘E’ uno che vada dall’altro. A che vada da B oppure B che vada da A, e dica: “Ascolta, facciamo qualcosa insieme?”. Questo non c’è mai stato. Quindi noi andiamo avanti col nostro progetto e l’Unieuro va avanti col suo. Sono progetti diversi che puntano a obiettivi diversi, non è detto che non siano complementari’.

Duecentomila non sono un po’ pochini?

‘Sembra essere la cifra più bassa possibile ma reale. Ne abbiamo parlato con amici di Santarcangelo e di Valsesia, che sono le due società che avevano speso meno probabilmente’.

E riuscite a far quadrare i conti, considerando che presumibilmente l’incidenza della biglietteria sarà, diciamo così, scarsina?

‘Nei duecentomila non abbiamo considerato il pubblico. Quando si prevede una cifra bisogna sempre mettere in conto almeno un 5% in più. Il pubblico dovremo meritarcelo, e se sarà scarso dovremo chiederci perché. Il primo anno al Villa Romiti avevamo 300 di media con punte nei derby a 600, ed era tanta roba in C. Il secondo a Forlimpopoli, in una categoria superiore, venivano 100 persone. Ci siamo chiesti perché’.

gente ai Romiti

 

Non ce ne stavano di più?

‘Sì ma poche volte abbiamo dovuto chiudere lasciando fuori della gente… Quest’anno ai Romiti proveremo a portare ogni partita dieci persone in più’.

Come può essere considerata seria una Federazione che mette Forlì, Faenza e Rimini in tre gironi diversi?

‘La prima trasferta andiamo a Cefalù e ci tocca stare due notti. In trenta persone. Avremo quattro trasferte da due notti, tre in Sicilia e una a Catanzaro, tre da una notte e le altre tipo Teramo e Roma probabilmente le faremo in un giorno’.

Che impatto ha un girone del genere sul bilancio?

‘Di due tipi: sui costi e sul mancato pubblico, forlivese ma soprattutto della squadra ospite. Infatti avevamo chiesto di essere messi nel girone di Rimini e c’eravamo quasi riusciti’.

Quasi.

‘Però sulla Federazione non mi esprimo. Nel momento in cui mi iscrivo accetto il gioco’.

Dicono di lei le malelingue, ci sta?

‘Prego’.

Ha messo in piedi i Tigers per far giocare il figlio.

‘Ha smesso da un pezzo. Già l’anno scorso non c’era più’.

Girano soldi russi.

‘Magari’.

E’ sicuro che nel giro di un paio d’anni la Pallacanestro Forlì non ci sarà più.

‘Ma quando mai. Forlì è una città bellissima se hai la capacità di stare zitto e ascoltare quello che si dice. Passa di tutto’.

Quanto esce dalla tasca del dottor Valgimigli per coprire i 200mila euro previsti?

‘Zero. Ho tre persone che fanno fundraising e lo fanno bene. A Reggio Emilia ci hanno messo 15 anni ma alla fine sono riusciti a costruire una base di sponsorizzazioni da mille-duemila euro che gli permetteranno di fare la serie A per sempre’.

Siamo al terzo anno dei Tigers, quindi va ad esaurimento il progetto triennale. E ora?

‘Ora abbiamo un sogno: che i giovani forlivesi entrino nelle tre piattaforme che abbiamo messo in piedi per loro. E poi stiamo preparando una roba grande a Castrocaro, un progetto che cambierà tutto. Ma è ancora presto per parlarne’.